La decisione del governo di accorpare la prefettura di Rieti con quella di Viterbo ha subito rimesso in moto quanti, di tanto in tanto, ripropongono la indizione di un referendum per chiamare i cittadini a pronunciarsi sulla opportunità di sganciare la provincia di Rieti dal Lazio ed aggregarla all’Umbria. Ho letto che il consigliere Regionale Mitolo tenta di scoraggiare i promotori di questa iniziativa dicendo loro che l’iter sarebbe troppo lungo ma, il vero motivo per il quale dovremmo chieder loro di fermarsi è quello relativo ai danni che si provocano propagandando, in questa fase, un improbabile referendum pro Umbria. Continuare ad insistere potrebbe generare inutili contrapposizioni tra i cittadini ma, soprattutto, una deleteria spinta divaricatrice tra le popolazioni delle diverse aree. Si corre il rischio di innescare, ancor prima che il governo provveda a sopprimere le province, un processo di disgregazione di quella di Rieti che favorirebbe anziché frenare il disegno di spoliazione in atto e renderebbe più difficile riuscire a tutelare anche i giusti interessi delle sue popolazioni.
Se si conosce a sufficienza il territorio, le popolazioni che vi risiedono, la loro storia si capisce a naso che l’aggregazione all’Umbria non è una proposta unificante ma divisiva. Non c’è bisogno di sforzarsi troppo per immaginare che non sarebbe accettata di buon grado dalle popolazioni del Cicolano che, gravitando naturalmente su Avezzano o l’Aquila anche per antichi legami, potrebbero naturalmente propendere per essere aggregate all’Abruzzo o continuare a mantenersi nell’alveo di una regione che ha Roma per capoluogo e non la lontana Perugia. Analoga reazione si susciterebbe, ed a maggior ragione, tra le popolazioni Sabine legate con Roma da antiche relazioni e dalla presente frequentazione quotidiana. Sarebbe infine opportuno considerare che un siffatto referendum aprirebbe, inevitabilmente, una divaricazione anche tra gli stessi abitanti della città di Rieti e quelli dei comuni del suo circondario con la conseguenza che, anche in quest’ambito non sarebbe improbabile un pronunciamento dei cittadini in favore della loro permanenza nella regione Lazio.
Sono queste le fondate ragioni che dovrebbero suggerire ai proponenti di non insistere nel continuare a chiedere oggi, la indizione di quel referendum e di non invocare l’impegno a farsene promotore il Sindaco della città. Viceversa chiedergli di farsi promotore di una iniziativa tesa a coinvolgere le istituzioni pubbliche di tutta la provincia e le associazioni economiche e sociali più significative per trovare insieme una piattaforma unificante con la quale difendersi dagli eventuali ulteriori tentativi di spoliazione ma, soprattutto, far pesare quella unità per tutelare i nostri interessi nelle sedi dove, nell’eventualità che verranno davvero soppresse le province, si metteranno a punto quelli che dovranno essere i nuovi assetti.
In questo momento deve essere considerato decisivo evitare ogni iniziativa che potrebbe suscitare divisioni delle quali potrebbero giovarsi quanti potrebbero considerala una occasione favorevole per imporci ulteriori salassi. Dovremmo considerare questo il tempo dell’unità di una provincia che ha le idee chiare su come difendere, nelle sedi opportune ed attorno ad una linea condivisa, il divenire di tutte le sue popolazioni nel contesto dell’eventuale nuovo assetto ordinativo.
Franco Proietti