A Toffia è stato rinvenuto negli anni ’60 uno dei siti protostorici più importanti di tutta la Sabina. L’insediamento venne rinvenuto da Barbara Barich sul colle Morricone, di fronte al paese di Toffia ed a ridosso della via Farense.
Qui sorgeva un abitato della media età del Bronzo che ha restituito frammenti ceramici d’impasto e resti di fornelli. Il vasellame da cucina e da mensa era costituito da scodelle, tazze, boccali ecc. con le tracce di una lunga esposizione al fuoco (per la cottura). I frammenti erano incisi con belle decorazioni “appenniniche” a nastro ed a losanghe. Per lo stoccaggio delle granaglie invece veniva utilizzato il dolio di grandi dimensioni.
L’unico esemplare bronzeo rinvenuto era una cuspide di lancia. Fuseruole e rocchetti attestano un’attività tessile. L’esame osteologico ha evidenziato la presenza di bovini e ovini, quindi un’economia basata sull’allevamento e la pastorizia. L’attività venatoria è testimoniata da resti di cinghiale. Il “canis” invece è attestato solo da pochi resti.
Oggi l’abitato di Toffia sorge su uno sperone di roccia, nel punto di confluenza tra i fossi di Carlo Corso e Riana. È probabile che durante l’età del Bronzo l’insediamento occupasse anche l’area del paese, in quanto le pareti di roccia ne costituivano una difesa naturale. La fondazione del castrum medievale e l’abitato moderno devono aver compromesso le stratigrafie protostoriche anche nell’area del centro urbano.
Seguendo le indicazioni di Dionigi di Alicarnasso è stato possibile soltanto oggi identificare questo insediamento, rimasto anonimo per anni, con l’antica Suna.
Dionigi riporta la città aborigena di Suna alla distanza di 40 stadi (ovvero 7,3 km) da Suesbula (Osteria Nuova, loc. Monte Calvo), non lontano dalla Via Quinzia (Salaria).
Sorprende come la distanza riportata da Dionigi tra Suesbula e Suna coincida perfettamente con la distanza che intercorre ancora oggi tra gli insediamenti protostorici di Monte Calvo e Toffia (7,3 km).
Suna si estendeva fino ad occupare un territorio molto vasto, comprendente oggi ben tre comuni (Toffia, Poggio Nativo e Castelnuovo di Farfa), tanto da venire considerata da Dionigi di Alicarnasso tra le città più importanti degli Aborigeni durante l’età del Bronzo (dopo la “capitale” Orvinium), come in effetti è dimostrato dai ritrovamenti.
Anche i comuni limitrofi hanno riportato alla luce importanti testimonianze di vita dell’età del Bronzo. Presso la città di Suna Dionigi menziona un antichissimo santuario dedicato a Marte, di cui oggi una recente ipotesi vuole riconoscerlo nel luogo di culto “in grotta” di Castelnuovo di Farfa (loc. Grotta Scura), frequentato fin dal Bronzo antico.
Tratto dal volume di Christian Mauri “La Sabina prima dei Sabini: gli Aborigeni e l’età del Bronzo. I santuari romani in opera poligonale”, Aracne editrice, Roma 2018.