Il peggioramento delle situazione occupazionale della provincia è sicuramente dovuto all’attuale crisi economica generalizzata, ma di fronte a una dato regionale il quadro locale risulta addirittura drammatico.
Abbiamo, infatti, un aumento dei disoccupati del 36 per cento, mentre è il 20 in ambito regionale, la mobilità cresce del 201 per cento, ma nel Lazio è “solo” del 7,6. Unica nota “positiva” sono le ore di cig nel primo semestre del 2008 che aumentano del 194 per cento, mentre a livello regionale segnano un più 325 per cento.
A questo punto è facilmente riscontrabile una responsabilità da parte della Provincia per questi dati. È, infatti, l’ente deputato a coordinare le politiche del lavoro sul territorio e, seppur si sia confrontata con un contesto già provato da precedenti crisi, ha mostrato una scarsa capacità di intervento e di progettualità in termini di strategie occupazionali.
Alcuni fattori che emergono dal rapporto di Upi-Eures sono emblematici per dimostrare questa inerzia. È sufficiente guardare i dati del Centro dell’impiego per comprendere che non esiste una capacità di reinserimento dei disoccupati a lungo termine o che vi è, ad esempio, una scarsa conoscenza da parte delle imprese delle funzioni che svolge il Cpi.
Si evince, inoltre, un’assenza di responsabilità sociale d’impresa nei confronti di chi ha diritto a un’assunzione in base alla normativa sulla disabilità e invalidità. Solo l’1 per cento degli assunti è, infatti, inquadrato con questo meccanismo. I tirocini formativi per i giovani invece che far incontrare lo studente con le imprese per produrre un’occupazione, solo in un’esigua percentuale hanno prodotto un’assunzione che comunque è cessata nell’arco di 12 mesi.
La formazione professionale, che dovrebbe essere un pilastro fondamentale per la crescita dell’occupazione e dovrebbe essere funzionale anche nelle fase di riconversione industriali, al di là di pochi esempi, non ha prodotto possibilità lavorative e un miglioramento del know how aziendale.
Ritengo che la Provincia debba iniziare davvero una serie di azioni concrete anche in virtù di una legge finanziaria e dei decreti anti-crisi che hanno raddoppiato i fondi per gli ammortizzatori sociali e hanno rilanciato il contratto di solidarietà. In questa fase, anche se si intravede un miglioramento della situazione economica del Paese, questa tipologia di contratto può rappresentare un utile strumento.
L’amministrazione provinciale non può più esimersi dalle proprie responsabilità come in passato e deve cominciare realmente una politica che possa dotare il territorio di un nuovo pacchetto lavoro capace di interpretare al meglio le esigenze di imprese, lavoratori e famiglie. Ci auguriamo che non si riproponga quanto avvenuto per il Patto Rieti 2006, che nonostante fosse precedente alla crisi economica mondiale, non ha trovato applicazione in nessun punto, anche a fronte di un contesto congiunturale più favorevole.
Auspichiamo, infine, che l’assessore provinciale Luigi Taddei, nella nuova veste di delegato alle Politiche lavorative, non riproponga le ricette utilizzate quando aveva la responsabilità del Personale per la pseudo stabilizzazione degli lsu in Provincia, un’operazione che non ha prodotto una buona occupazione, ma solo lo spostamento del problema.