Diciamo addio a quel poco che ancora restava del palazzo del capitano del popolo di Rieti.
Un addio con tanto rimpianto ma soprattutto con infinita amarezza e con lo sconforto di chi, pur non essendo reatino, ama questa città alla quale ha dedicato molti suoi studi e dove ha voluto nascessero le sue figlie.
Amarezza e sconforto perché negli ultimi giorni, senza che nessunoi battesse ciglio, senza che Sovrintendenze varie, assessori, consiglieri di maggioranza e di opposizione e gente che dice di intendersi di tutto e che conta molro più di chi scrive, è stato abbattuto anche l’ultimo possente muro che segnava ancora, proprio ad angolo fra piazza Mazzini e piazxza Oberdan, l’esistenza di uno degli edifici medievali più importanti di Rieti.
Venerdì ce n’era ancora un piccolo tratto che saliva dal fondo dello scavo e guardava la stazione; oggi non c’è più.
Accostati alla parete che volge verso l’ex convitto San Paolo e il palazzo dell’Ina erano visibili, fino a qualche mese fa, anche due belle arcate. Potevano essere inglobate nel nuovo edificio che sarà lì costruito: scomparse anch’esse da tempo…
Ora in Sovrintendenza e Comune diranno di non aver ricevuto, fin dall’autunno 2009, nessuna telefonata che segnalava il pericolo corso da quei pochi ma nobili resti di scomparire per sempre, cosa che poi si è verificata. Saranno in tanti a far finta di niente, a minimizzare e a scaricare su altri le responsabilità: «Ma che vai cercando? Per due pezzi di muro… Ce ne sono tanti altri per Rieti, uno più uno meno… Mica si può conservare tutto! E poi, perché non tiu fai gli affari tuoi?».
Nessuno, invece, si porrà il problema di come evitare in futuro l’inutile perdita di importanti testimonianze (chi scrive ne ha pronto un elenco!).
Eppure qualche cosa si può fare, cominciando a chiedere, per esempio, una collaborazione a chi, e ce ne sono diversi, qualcosa conosce della storia urbanistica cittadina anche più di chi sta (a volte solamente lì…) negli uffici di Sovrintendenza.
Il fatto è che, in nome del nuovo, un altro pezzo di storia della città di Rieti scompare per sempre per la neghittosità di chi dovrebbe, invece, conservarne i resti e tramandarne la memoria alle generazioni successive. Ai tanti colpevoli della «damnatio memoriae» decretata contro la Storia di Rieti, c’è solo da augurare che anche su di essi presto scenda l’oblio e che nessuno li ricordi un giorno neppure negli Annali locali.