Come radicali sabini stiamo raccogliendo le firme necessarie alla presentazione della Lista Bonino-Pannella alle prossime regionali, e ci è capitato spesso in questi giorni di sentirci chiedere cosa pensassimo noi radicali della sentenza europea sul crocifisso nelle aule scolastiche.
E lo si chiedeva come se ci si vedesse parte in causa, sensazione rafforzata dalla irruzione di un manipolo di fascisti di Lotta Studentesca nella sede radicale in via di Torre Argentina 76.
E’ quindi opportuno dire la nostra, e speriamo che i cittadini ne vengano a conoscenza; lo facciamo adesso, sperando di trovare animi un po’ più disposti alla riflessione.
Per noi, la sentenza è semplicemente "normale". Come normale dovrebbe essere una separazione tra stato e chiesa, quella separazione che troviamo anche sulle labbra di Gesù: "«Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio».
E rimasero ammirati di lui". Normale, come non trovare bandiere tricolori nelle chiese, accanto agli altari. E’ normale che qualsiasi corte venga interrogata in merito, si pronunci in questo senso; anche la Corte Costituzionale italiana lo farebbe, se potesse; ma non può, perché essa giudica le leggi e nessuna legge, ma solo un regolamento scolastico, dispone l’affissione del crocifisso nelle aule.
Abbiamo però esperimentato in noi anche un turbine di sensazioni diverse: di confusione, di vuoto, di stupore, di compassione.
Di confusione: la rimozione NON è richiesta dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che si è limitata a dare la sua opinione ed a disporre che lo Stato Italiano versi alla ricorrente 5mila euro.
Ma come? La rimozione non è richiesta? No, giacché «se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto nazionale non permette di cancellare le conseguenze di questa
violazione, la Corte accorda alla parte danneggiata una soddisfazione equa»
E allora tutto l’affannarsi di politici che garantiscono, di amministratori che dispongono, di rappresentanti che perorano?
Non sappiamo cosa dire, giacché siamo sicuri che come persone responsabili, prima di partecipare a questa gara della garanzia, della disposizione, della perorazione, essi si siano dati pena di leggere la sentenza.
Di vuoto: vuoto intorno alla nostra identità di nazione, sorta nel risorgimento su un concetto di identità "avversato" dalla chiesa cattolica, risorta dopo la resistenza "a prescindere" dalla fede religiosa, ed ora affidata a cosa? Ad un simbolo religioso?
No, non ad un simbolo religioso, perché (ma non è questo davvero offensivo?) il nostro governo argomenta di fronte ai giudici che "in conclusione, potendo il simbolo del crocifisso essere percepito come sprovvisto di significato religioso" sta lì, non dà fastidio a nessuno; una mera suppellettile, dato che "non è neppure richiesto di prestare alcuna attenzione al crocifisso".
Di stupore: il governo, sì proprio il nostro governo che sostiene che il Crocifisso è lì come simbolo di identità nazionale, sostiene davanti alla corte che "un insegnante sarebbe libero di esporre altri simboli religiosi in un’aula, e nessuna disposizione lo proibirebbe"; e, ahimé, lo segue a ruota David Sassoli, l’ennesimo telegiornalista che dovrebbe risolvere gli affanni del PD. Quindi forse una mezzaluna od una stella a 6 punte sarebbe un simbolo di identità nazionale?
E poi "il governo non sostiene che sia necessario, opportuno o auspicabile mantenere il crocifisso nelle sale di classe, ma semplicemente sostiene che la scelta di mantenerlo o no dipende dalla politica e risponde dunque a criteri di opportunità, e non di legalità."
Di compassione: per questo povero Cristo morto per tutt’altro che questo. Cristo che forse avrebbe una gran voglia di trovarsi di fronte gente che ne abbia rispetto e che non lo tiri per la tunica… “Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte.”
E l’azione fascista di qualche giorno fa? Ancora compassione: compassione per gli autori, compassione per il Crocifisso persona, invece visto come "crocifisso"-oggetto ed usato come un manganello.
E compassione per le povere suore, costrette ad un lavoro degradante come raccogliere dalle loro scale e nascondere ai loro ospiti quei volantini blasfemi.
Quale suore? Ma le suore con cui da sempre i radicali convivono: le Suore Pie Operaie, che gestiscono il loro Hotel 5 stelle in via di Torre Argentina 76; e le Suore Benedettine di Carità che gestiscono in via di Torre Argentina 76 la loro più modesta casa famiglia di 50 posti.
In mezzo a tutto questo scoramento, una soddisfazione: che in questa città, che pure conosce orgogliosi fascisti, quell’organizzazione non risulta rappresentata; speriamo di non essere smentiti.