Rieti, 110… e lode!

FOTO: L’Angelus di Millet esposto al Museo d'Orsay - Parigi

Rieti, città cantiere, come titola un giornale locale, vede aggirarsi fra le sue antiche mura, baluardo un tempo contro i nemici, rampanti ingegneri, una nuova armata Brancaleone di elettricisti, muratori, imbianchini, capitanata da intraprendenti imprenditori edili, che hanno l’ardire di far “nuovi” tutti i palazzi della città. I crociati del Terzo Millennio si muovono tutti insieme, appassionatamente, all’assalto della città con rotoli di progetti, fidi bancari, picconi, trapani, stok di bidoni giganteschi di vernice. Sulla terra di Francesco, ai piedi dei santuari di Poggio Bustone, Fonte Colombo, Greccio, dove venne istituito il primo presepio, si è abbattuta una furia iconoclastica che, nella sua violenza distruttiva, spazza via ogni cosa che incontra al suo passaggio. Fregi, stucchi di mirabile fattura che rimandano all’arte neoclassica, decorazioni, vecchi mascheroni di terracotta cadono sotto i picconi dei nuovi vandali. Vengono scardinate porte e finestre che, nonostante gli anni, profumano ancora di buon legno. Vecchie e gloriose caldaie ben funzionanti vengono gettate alle ortiche e sostituite con altre più sofisticate, che spesso vanno in blocco, lasciando più di una famiglia al freddo durante le feste.

Nel “particulare”, un’incredibile avventura me l’ha raccontata una mia amica, che abita nei pressi del tribunale, in un palazzo “rimesso a nuovo”. Per un mese intero è rimasta senza elettricità nell’intero appartamento, ad eccezione di due stanze e di alcune prese a terra. Segnalando l’accaduto alla ditta appaltatrice dei lavori si è sentita dire che il guasto sarebbe dipeso dall’impianto non fatto a regola d’arte da precedenti elettricisti. Avrebbero comunque provveduto a breve a risolvere il problema. Ma ahimé, nonostante i ripetuti solleciti, nessuno si è attivato. Anche nell’appartamento all’ultimo piano dello stabile è andata via la luce, ma fortunatamente per solo due settimane ed in una sola stanza. Quando anche le scale sono rimaste al buio, la protesta si è ingrossata. C’eravamo, racconta sempre la mia amica, comunque attrezzati a salire e scendere con la pila; anche Sandro, il fioraio di via Roma, si era organizzato con la luce del suo cellulare per la consegna dei fiori.

Grande è stata la sorpresa e la gioia della mia amica quando, quasi per magia, si è illuminata una stanza dell’appartamento, dove probabilmente era rimasto acceso l’interruttore. Incredula e circospetta, non credendo al prodigio, ha acceso tutti gli interruttori delle altre stanze. Eureka, dopo un mese, era finalmente tornata la luce e si poteva festeggiare con l’albero di Natale acceso. La magia è durata poco, per il solo periodo delle feste, perché con la ripresa del “fervore edilizio” è di nuovo sparita la luce nell’appartamento. Questa volta però la mia amica, mite e gentile, intende sfidare i responsabili a “singolar tenzone” se il guasto non verrà riparato in breve. In questo marasma generale, in questa città massacrata e stravolta dagli sbarramenti, dai rumori che a volte coprono anche il suono delle campane, qualcuno ha lavorato alacremente, nel rispetto del luogo. La Cattedrale ci è stata restituita nel suo antico splendore, dopo mesi di lavoro sapiente e silenzioso. Niente è stato stravolto, nemmeno le cerimonie liturgiche, nessun disagio per i fedeli, grazie agli operatori del settore, che hanno permesso tutto ciò. Anche in Cattedrale la squadra sarà stata variegata di elettricisti, muratori, restauratori ma ciascuno, nel suo campo, ha prodotto con le sue mani Bellezza, che non è appannaggio solo dei grandi artisti. Tutti noi, con il lavoro delle nostre mani, possiamo produrre prodigi.

Torna alla mia memoria il quadro di Millet “L’Angelus”, esposto al Museo D’Orsay di Parigi. Due contadini sospendono il lavoro dei campi al suono della campana. Probabilmente in quel momento avranno compreso l’importanza e la dignità del lavoro che stavano svolgendo e, nel sentirsi realizzati e felici, si saranno fermati per ascoltare il suono della campana, per ringraziare e lodare il Signore. Anche una restauratrice della cupola del Pantheon a Roma, intervistata, parlava della sensazione provata, dopo aver lavorato tutta la notte per finire il lavoro, al vedere da quella altezza, più vicina al cielo, l’alba e il sorgere del sole che tingeva di rosso il cielo di Roma. Con l’augurio più sincero che, per Grazia, anche a noi siano concesse simili esperienze.

Maria Grazia Carrozzoni