“Siamo convinti che dalla crisi si uscirà ma lo si potrà fare solo se lavoreremo insieme e con la consapevolezza che ci attende una coda della crisi molto pesante”.
E’ quanto dichiarato dal presidente della Camera di Commercio di Rieti, Vincenzo Regnini, all’indomani della presentazione al pubblico del “Monitoraggio congiunturale sul sistema produttivo del Lazio” realizzato da Censis e Unioncamere Lazio sull’andamento congiunturale delle province laziali.
“Il territorio reatino rischia di pagare pesantemente il prezzo della crisi – ha proseguito – perché la provincia di Rieti si muove in maniera aciclica rispetto agli andamenti economici, come più volte sottolineato dall’Istituto Tagliacarne. La rigidità che caratterizza il nostro sistema economico ritarda quindi da un lato gli effetti della crisi ma anche diluisce i tempi della ripresa”.
L’indagine Censis-Unioncamere Lazio evidenzia per il I quadrimestre del 2009 una situazione di difficoltà diffusa, che si manifesta con una forte contrazione nei livelli degli ordinativi, della produzione e del fatturato, senza però forti conseguenze sul piano occupazionale. La gran parte delle imprese laziali nei primi mesi dell’anno si è limitata, infatti, a non assumere salvaguardando i precedenti livelli di occupazione, senza ricorrere ancora a licenziamenti.
Nel rapporto si sottolinea il fatto che la recessione si è manifestata in maniera meno pesante nelle province di Rieti e Viterbo rispetto alle altre aree del Lazio e, soprattutto, rispetto alla Capitale che ha perso la capacità di trainare il sistema economico regionale che l’aveva caratterizzata negli ultimi anni. Un dato, tuttavia, su cui è necessario soffermarsi per tentare di comprenderne le ragioni.
Come evidenziato in studi precedenti dell’Istituto Tagliacarne, sono le caratteristiche dell’economia locale a giustificare questo comportamento del nostro sistema economico: Rieti fa infatti parte di quelle province, di piccola dimensione, caratterizzate da un’importante presenza di micro imprese operanti nella filiera agroalimentare e da una bassa apertura verso l’estero, che subiscono un impatto contenuto e ritardato della crisi internazionale.
Queste economie sono caratterizzate infatti, di un modello di sviluppo che le penalizza nei periodi di espansione, o comunque non consente loro performance in linea con la media nazionale, ma che le protegge inizialmente nei periodi di flessione.
Tutto ciò è però vero soltanto nelle prime fasi della crisi, quando ancora sono limitati gli effetti sui livelli occupazionali.
Successivamente, anche nei sistemi economici come quello reatino, la crisi si manifesta in tutta la sua intensità a causa di un circuito economico vizioso nel quale il forte calo della spesa delle famiglie, che guardano con minor fiducia al futuro, causa una contrazione nei livelli della domanda interna e conseguentemente nella produzione, soprattutto per quelle imprese meno strutturate, più isolate e concentrate sul mercato locale, che non riescono a sopportare il peso dei periodi di recessione, anche a causa dei mancati e ritardati pagamenti da parte dei clienti che causano serie difficoltà di cassa.
A questo vanno poi aggiunti gli effetti del difficile rapporto con le banche che, specialmente nei periodi di crisi, operano con maggiore rigidità, richiedendo maggiori garanzie reali e inasprendo le condizioni bancarie, con l’effetto di rendere più difficile e costoso il ricorso al credito, sia per le imprese che per le famiglie.
Per questi motivi la crisi colpisce in misura maggiore le imprese di più piccole dimensioni, tipiche del nostro sistema locale, che rispetto a quelle più grandi e competitive non hanno gli strumenti, soprattutto finanziari, per sopportare la crisi e uscirne rapidamente.
“Quello che sta attraversando la provincia di Rieti – precisa il presidente Regnini – è quindi il momento più acuto della crisi, nel quale si stanno manifestando a pieno gli effetti sui livelli di occupazione, che inizialmente le imprese hanno tentato di salvaguardare con una crescita esponenziale delle ore di Cig ordinaria e straordinaria.
Si tratta quindi di un momento molto delicato, nel quale le istituzioni devono supportare le imprese nella loro normale attività produttiva, intervenendo da subito per rendere più agevole il rapporto con le banche, soprattutto in termini di condizioni di accesso e di flessibilità dei fidi, per far sì che queste siano in grado di sopravvivere fronteggiando le difficoltà di cassa e le necessità di breve periodo, in attesa che si avvertano gli effetti della ripresa.
Questo mentre è necessario che la Pubblica Amministrazione assista l’imprenditoria agevolandola a livello burocratico e riducendo i tempi dei pagamenti alle aziende”.
“In un’ottica di più lungo periodo è, invece, necessario creare le condizioni per nuovi investimenti, – continua – lavorando sui fattori in grado di corroborare la competitività dell’intero sistema economico, rendendolo più solido ed orientato verso il mercato internazionale.
Con un’agevolazione in più per le imprese locali, rappresentata dalla delega l’internazionalizzazione ed alle politiche agroalimentari delle imprese laziali affidata di recente al sottoscritto in qualità di vicepresidente di Unioncamere. Lo scopo ultimo di tali interventi deve essere quello di rafforzare la fiducia che, nonostante tutto, gli imprenditori sembrano manifestare seppur con cautela.
Tra gli interventi che la Camera di commercio ritiene fondamentali per far sì che si inizi a parlare di ripresa in questo territorio vi sono sicuramente azioni di defiscalizzazione per il sistema delle imprese. Perché ricordiamoci che dalla recessione non si uscirà in maniera automatica, e senza interventi straordinari sarà difficile che questo territorio possa sopravvivere alla crisi”.