Dopo anni di pressioni, da parte di tutto il mondo associazionistico sia agricolo che venatorio, è finalmente uscita la proposta di legge, la N°116 del 19 dicembre 2013, per la istituzione del Centro Regionale per la fauna selvatica.
Tale richiesta muoveva la sua ratio dalla necessità di avere un organismo di tipo tecnico-scientifico al quale potersi rivolgere per avere risposte in tempi brevi e da personalità che avessero una qualche conoscenza del territorio di loro competenza.
Quindi buona l’idea ma controverso il contenuto della proposta di legge, è quanto dichiara Gianfranco Gianni Presidente dell’ATC Rieti 2.
In sintesi, per semplificare il ragionamento, nella Regione Lazio per poter fare gli abbattimenti selettivi dei cinghiali e di tutti gli altri ungulati, Capriolo, Daino, Cervo, ecc. in futuro ci si dovrà rivolgere ad un comitato Romano e non all’ISPRA di Bologna.
Continua il Presidente Gianni, nella sostanza la proposta di legge contiene alcune varianti sul tema che in alcuni casi fanno di questo comitato tecnico scientifico un organismo di gestione fino a prevedere un sistema di autofinanziamento attraverso l’istituzione di una nuova tassa a carico dei cacciatori.
E’ quindi necessario modificare alla proposta di legge nella sua base concettuale, il Centro Regionale deve essere di supporto agli organismi di gestione e occupandosi di interessi collettivi, a carico della fiscalità generale.
Anche il sistema di finanziamento contiene un concetto, che se fosse vero, aprirebbe, per i cacciatori, le porte ad impellenti cure psichiatriche. Viene normato che esiste nei cacciatori il gusto di uccidere un selvatico e, in futuro, per soddisfare questa voglia si dovranno pagare 25 euro per ogni animale abbattuto e nel caso si vogliano esibire le spoglie si dovrà acquistare il capo abbattuto a prezzo di mercato.
Con queste novità tutte le prestazioni d’opera, lavori per la messa in opera delle recinzioni elettrificate a favore degli agricoltori, censimenti e quant’altro, che i cacciatori oggi svolgono per la collettività, senza ricevere nessun compenso, verranno meno. Tutto questo rischia di far assomigliare la gestione della fauna selvatica, ad una gestione del tipo commerciale come già avviene in altri paesi, ma in Italia la selvaggina è patrimonio indisponibile dello Stato e ne è vietato il commercio sia essa viva o morta.
Per concludere, dichiara Gianni, non è tanto la norma che di suo è insostenibile ma l’amarezza che questa Regione tratta l’argomento fauna selvatica con tale superficialità da non avere una struttura amministrativa, di supporto alla politica, con un minimo di conoscenza ovviamente però i compensi superano tutti i centomila euro.