Non ci sono altre nazioni europee, oltre l’Italia e Malta, che menzionino il lavoro nel primo articolo delle loro carte costituzionali. I nostri padri costituenti, sebbene provenienti da aree politiche e ideologiche diverse, su una cosa si trovarono d’accordo e cioè che il lavoro sarebbe stata la base fondativa della Nuova Repubblica. Questo perché, 75 anni fa, l’Italia usciva, distrutta, dalla seconda guerra mondiale ed era indispensabile che tutti concorressero al benessere materiale e spirituale del paese. Ma non è sempre stato così. Anzi, per secoli il lavoro è stato considerato il destino degli infelici.
È quanto emerso dalla terza puntata del seminario dialogante sulla Costituzione, promosso dalle associazioni NOME Officina Politica, Il Sorriso di Filippo e Raggi di Speranza, con interventi del professor Sandro Pasquini e della direttrice CNA Rieti, Enza Bufacchi. I lavori sono stati moderati da Rossella Gigli.
Sandro Pasquini ha ripercorso le diverse idee e valutazioni del lavoro nella storia e nella filosofia, a cominciare dalla Bibbia che narra la cacciata di Adamo ed Eva come l’inizio delle tribolazioni dovute alla necessità di guadagnarsi il pane, per proseguire con le antiche civiltà basate sullo schiavismo, fino al protestantesimo calvinista come premessa etica per la nascita del capitalismo e alla successiva critica marxista. Tra i pensatori e autori citati nella relazione: Platone, Aristotele, Tommaso Moro, Lutero, Hegel, Adam Smith, Ricardo, Max Weber.
A sua volta, Enza Bufacchi ha fornito un quadro sulle grandi dinamiche che stanno sconvolgendo il ruolo stesso del lavoro: per tanto tempo, il lavoro è stato costitutivo dell’identità delle persone e della loro percezione sociale. Prima veniva il lavoro, poi la qualità della vita. Non è più così. La globalizzazione, la delocalizzazione, l’accelerazione dei processi di automazione, che rendono i lavoratori facilmente sostituibili e rapidamente obsoleti, hanno invertito il rapporto lavoro/qualità della vita.
Ne sono prova non solo le opinioni degli addetti ai lavori, ma la dimensione dei fenomeni noti come “le grandi dimissioni” e “l’abbandono tranquillo”. Anche il modello educativo, che non pone più al centro l’apprendimento di un mestiere, bensì il lasciare libera espressione a presunte capacità innate del bambino, non è estraneo all’inversione del rapporto. Insomma, il lavoro sta perdendo il suo ruolo fondativo e formativo, quello che definisce e costituisce tanto l’individuo quanto la comunità.
Il Seminario dialogante prosegue venerdì 3 marzo, con un cambio di programma. Nella prossima puntata sarà infatti relatrice Chiara Ingrao, politica, sindacalista e scrittrice, che risponderà alle domande della giornalista Paola Rita Nives Cuzzocrea sul libro Il resto è silenzio (vedi locandina allegata). Per info: 329 2295077.