La presentazione del volume d’arte “Templum Sancto Francisco Italiae patrono dicatum”, edito dalla Fondazione Varrone di Rieti, avvenuta innanzi ad un folto pubblico di villeggianti e appassionati del Terminillo, di residenti e di qualificatissimi ospiti, ha segnato, assieme ad un riuscito concerto d’organo eseguito dai maestri Dino Rando e Gianluigi Lazzari, una delle giornate più belle, fruttuose ed interessanti del programma dell’estate 2014 messo insieme da padre Mariano Pappalardo, parroco della montagna di Roma e da padre Luca Scolari, coadiuvati da alcuni laici assai volenterosi, quali sono risultati essere Manuela Marinelli e Barbara Pavan, Paolo Di Lorenzo e Roberto Marinelli, che non hanno fatto mancare ai due monaci, la bravura delle loro professionalità oltre al sostegno ed anche alla loro preziosa amicizia.
Alla cerimonia di presentazione ha assistito il presidente della Fondazione Varrone avv. Innocenzo de Sanctis il quale ha voluto che il volume avesse una veste preziosa ed elegante, così che esso serva non solo da esaltazione e da illustrazione delle opere d’arte che ospita il Tempio della Pace e che sono la derivazione di una spiccata sensibilità e di valori spirituali tutti francescani ed umbri, appartenuti all’ideatore e realizzatore dello stesso Tempio, padre Riziero Lanfaloni, ma che sia utile anche ad altro. «Le bellezze della Chiesa di San Francesco – ha detto l’avv. de Sanctis – contribuiscano a riflettere e a concentrarci anche sull’interezza estetica della chiesa, sfruttando la possibilità di correlazione con l’esterno, cioè con il Terminillo vero e proprio, con i suoi campi da sci, le sue montagne, i suoi prati e i suoi estesissimi boschi, la neve e il sole tanto che tutti ne possano godere con il cuore, lo spirito e con la mente».
Nel concludere, il presidente de Sanctis ha portato una buona notizia, attesa dall’intero uditorio, affezionatissimo al Terminillo ed al suo Tempio, opera questa di grande e piacevole impatto allo sguardo, e luogo ove i fedeli sono facilitati nella preghiera attraverso le immagini pittoriche, gli smalti e i gruppi in rilievo (specie quelli che riproducono le quattordici stazioni della Via Crucis). I presenti hanno accolto con un lungo applauso l’informazione della disponibilità della Fondazione Varrone ad analizzare con i propri organi deliberativi e quindi finanziare un progetto di restauro del grande mosaico dell’abside, che rappresenta la Creazione, e che ora evidenzia in più punti il distacco di numerose tessere dovuto al gelo.
Le bellissime pagine del libro editato e mostrato al pubblico attraverso una tavola rotonda, ricche di immagini e di ardite soluzioni grafiche, realizzate da Alessandro Orlandi e dalla Tipografia Fabri, e di considerazioni dei vari autori degli articoli, hanno avuto calibrati e centrati commenti da parte dell’efficace moderatore, il giornalista del TG5, Paolo Di Lorenzo e da Padre Mariano Pappalardo (“Un santo, un frate, un tempio” in cui l’attuale parroco, padre dei Monaci della Trasfigurazione, ha voluto affermare che «S. Francesco al Terminillo è anche il sogno, fatto realtà, di un frate come padre Riziero»), di padre Luca Scolari (“Narrare il costruire”, una storia del Tempio alla luce degli atti ufficiali e “Un tempio che canta il creato”, che è una analisi teologica e catechetica di tutto il processo di costruzione della grande chiesa e del suo significato spirituale ed esistenziale, imperniata sulla Sacra Scrittura attraverso l’esegesi del Salmo 8, del Cantico delle Creature, di Gen 1,1 e Sir 33,5. “Narrare il costruire” e “Un tempio che canta il creato” sono anche la Parola Parlata, che è di Dio, da cui scaturisce, riferendosi al grande mosaico dell’abside, «”sia la luce” e la luce fu. E non poteva non essere luce la prima realtà creata, luce che manifesta l’identità di Dio, luce che permette di passare da una condizione di Caos, alla realtà del Cosmo segnato dall’armonia e dall’equilibrio»; di Roberto Marinelli (“Il miraggio dell’oro bianco”, che è un’interessante e sintetico testo del Terminillo partecipato da lui stesso e visto assai da vicino); di padre Luigi Faraglia (“Ricordando Padre Riziero”, un commovente amarcord di colui a cui si deve la realizzazione del Tempio, ma soprattutto la conversione di tante anime portate a Dio attraverso quell’opera); ed ancora, di un’attenta e generosa Manuela Marinelli ( Il complesso architettonico e i suoi manufatti”, raffinata analisi dal lato storico-artistico dell’intero monumento visto alla luce critica di un’esperta d’arte, anch’essa innamorata del Terminillo, figlia di una famiglia che sul Terminillo addirittura s’è formata nello scalarlo e sugli sci, quindi nel profondo del cuore ed ora operante ed attiva alla sequela del messaggio francescano).
Una serie di box intitolati significativamente “Dagli occhi al cuore”, redatta da Padre Mariano e Padre Luca e tutta da leggere e da pregare insieme, arricchisce il libro della Fondazione Varrone e rivela la non celata preoccupazione dei monaci terminillesi, che l’arte e le bellissime opere lì presenti in chiesa, la magnificenza dei mosaici, le pitture, le ceramiche e le cesellature, possano distogliere i fedeli da quel che il costruttore de Tempio, all’epoca il popolare padre Riziero, intendeva significare. Egli operò tenendo presente il versetto biblico: «Se il Signore non costruisce la casa, invano lavorano i costruttori”. Il frate volle dire che innanzitutto il Tempio, come quello di Salomone a Gerusalemme, è di Dio; che esso è stato innalzato come casa dove Dio abita e dove gli uomini possono cercarlo e trovarlo. Che il Templum pacis è dedicato a San Francesco, protettore d’Italia e d’Europa e quindi della stazione montana reatina e dell’umbilicus, e che lì, in tutte quelle opere dove c’è l’ingegno e l’animo degli uomini, c’è anche tutta la povertà del Santo di Assisi e che la bellezza del luogo è un segno, un evento e vuol rappresentare lo zelo che ebbero padre Riziero e i suoi compagni conventuali ed ora i benedettini, nei confronti di Dio; l’amore e la cura che essi posero per la Casa del Signore nel renderla degna di colui che “ha creato Cielo e Terra”.
La ricca, domenicale e quasi “celestiale” liturgia eucaristica dei monaci della Trasfigurazione rende piacevolmente evidente tutto questo e sottolinea e prolunga lo zelo di Padre Riziero per il Tempio, egli che ne fu, finché visse, anche custode geloso.