Le ultime elezioni hanno liberato molti protagonisti della vita pubblica del Paese dall’impegnativa incombenza di legiferare. C’è chi è “volontariamente” uscito di scena (Veltroni, D’Alema, Turco, Castagnetti ecc.), chi ha preferito essere “esonerato” dagli elettori (Fini, Di Pietro, Marini, Crosetto ecc.), chi ha tentato di esserci ma alla fine ha accettato la “proposta” degli elettori di starne fuori (Ingroia, Giannino ecc.), chi si è riproposto per tornarci da protagonista ma ha fatto suo il “consiglio” degli elettori di starci defilato (Casini, Monti ecc.). Ci sono poi coloro che hanno partecipato inseguendo obbiettivi che vorrebbero conseguire nonostante l’invito a ridimensionarli “suggerito” loro dagli elettori:
Bersani che ha corso per vincere ed è arrivato primo, non convinto della decisione della “giuria” che non vuol riconoscergli la vittoria, sta tentando di provare ad ottenerla avendo presentato “ricorso”;
Grillo che voleva giocare di rimessa il primo tempo della partita evitando di andare in vantaggio e battersi per la vittoria al secondo tempo, è stato “tradito” dalla foga vaffanculista che lo ha mandato in vantaggio subito, costringendolo a continuare il gioco su un terreno non previsto ed al quale non era preparato. Insiste ma è costretto ad incontrare difficoltà nel convincere, la sua numerosa “squadra”, a giocare con un modulo superato dalla situazione che si è determinata;
Berlusconi, che ha combattuto per perdere con il minor scarto possibile, pur essendo l’indiscutibile sconfitto, ha centrato al meglio l’obbiettivo ma si è già accorto che non è sufficiente per entrare in “partita” e che il campo non gli offre alcuna possibilità di ottenere quanto vorrebbe.
Il paradosso di queste elezioni sta dunque nel dover constatare che: chi ha ottenuto una, seppur parziale, vittoria, non riesce a farsela riconoscere, chi ha conseguito il miglior risultato non ha alcuna intenzione di metterlo in gioco, chi ha centrato l‘obbiettivo preferisce cominciare una nuova partita. Se si continuerà a star fermi ogn’uno sulle posizioni di partenza la paralisi del parlamento sarà totale e le conseguenze potrebbero essere davvero disastrose per il Paese. Conseguenze che ricadrebbero inesorabilmente su milioni di cittadini che stanno vivendo uno dei momenti più difficili della loro esistenza e per i quali la situazione potrebbe diventare tanto insopportabile da spingerli a promuovere proteste incontenibili.
Bersani ha capito che bisognava fare qualche correzione di rotta e lo ha fatto a cominciare dalle proposte sulle presidenze delle due Camere e proponendosi per guidare, a tempo e con un programma limitato, un governo composto da personalità significative e competenti ma, a parere del sottoscritto, avrebbe potuto fare anche meglio, suggerendo al Capo dello Stato di chiamare, alla guida di un governo caratterizzato da una piattaforma politico-programmatica non dissimile da quella da lui proposta, una personalità di prestigio e significativa per il Paese.
Grillo, ha anch’Egli apportato qualche correzione alla sua strategia passando dal gioco di rimessa a quello offensivo e lo ha fatto chiedendo al Capo dello Stato, certo di non poterlo avere, di incaricare una personalità da lui proposta per dar vita ad un governo monocolore a cinque stelle. Una richiesta avanzata solo per ribadire che il suo Movimento si collocherà all’opposizione di un qualsiasi altro governo dovesse nascere. Evidentemente non vuol sentir parlare dei problemi del paese, del come dare ad essi una soluzione e tantomeno delle conseguenze che si scaricherebbero sui cittadini anzi, ha fatto intendere di volersi giovare del crescente malcontento dei cittadini per convogliarlo in una protesta mirata a mandare in frantumi, con i partiti, l’assetto democratico dello Stato, le sue istituzioni rappresentative, la sua Carta Costituzionale. Si tratta di un disegno dai contorni poco rassicuranti incentrato su una democrazia che viaggia attraverso la rete e internet che sono indubbiamente fonte di modernizzazione e di diffusione veloce delle conoscenze ma anche, potenziali incubatori di insidie che possono minacciare anche le libertà individuali del cittadino. Si deve peraltro tener conto che si tratta di un mezzo utilizzato da una minoranza e padroneggiato con perizia solo da un ristrettissimo numero di naviganti e che conseguentemente escluderebbe dalle decisioni, la maggioranza degli italiani. Un disegno che è necessario fermare prima che provochi troppi danni. Non è facile prevedere quale potrà essere la metamorfosi del M5S anche perché, molto potrebbe dipendere da quanto sapranno fare le altre forze politiche ma, non è difficile presumere che presto si troverà a dover sciogliere un dilemma non semplice: dovrà chiedere a Grillo e Casaleggio di accettare un risultato elettorale che è andato oltre il previsto e che è difficile non giocarlo in parlamento per far avanzare, tenendo conto dei reali rapporti di forza, i contenuti del cambiamento proposto o chiedere agli eletti di esercitare, indipendentemente da quanto si suggerisce attraverso il blog, le prerogative attribuitegli dal voto e farle valere per ottenere il cambiamento possibile evitando di gettare alle ortiche, un risultato straordinario ed insperato. Sin dalla seduta inaugurale del parlamento, il M5S ha dovuto fare i conti con le regole della dialettica parlamentare e subito, il suo monolitismo eterodiretto ha cominciato a scricchiolare in conseguenza dei limiti di una conduzione, priva del quel retroterra politico e culturale necessario, per guidare davvero il cambiamento in un Paese che ha l’ambizione di essere, protagonista in Europa e attore non marginale in un mondo globalizzato.
Berlusconi, ha anch’egli aggiustato il tiro sia perché si è reso conto che il risultato non gli consente di difendere quanto gli sta a cuore ma anche perché, ha fiutato che la condizione di stallo nella quale ha preso avvio la legislatura, potrebbe offrirgli l’occasione di ricominciare la partita. È in questa ottica che ha subito messo in moto le sue truppe per agitare la piazza sui suoi soliti cavalli di battaglia e si è presentato al Capo dello Stato proponendo, con la lusinga ad aprire le porte alla eventuale proroga del suo mandato, una disponibilità pelosa a far nascere un Governo Bersani cosiddetto di “concordia” nazionale. Si è trattato dell’ennesima camaleontica trovata di un prestigiatore che invoca un rifiuto utile per alimentare il suo gioco. Spera che quel rifiuto diventi l’assist da utilizzare con successo quando si giocherà a breve, secondo i suoi desiderata, la partita di rivincita che è il vero ed unico obbiettivo, gridato in piazza. Non è a caso che la sua proposta di governo ha voluto connotarla con il nome di una nave che sta affondando.
Non è affatto facile fare pronostici su come potrà concludersi questa fase ma, ora è a Bersani che si deve rivolgere l’augurio di riuscire nell’arduo compito di trovare le convergenze necessarie per varare il suo governo del cambiamento nell’emergenza anche perché, se il suo tentativo dovesse malauguratamente fallire, la situazione potrebbe precipitare a tal punto che neanche la saggezza e l’esperienza del Presidente Napolitano potrebbero risultare sufficienti per correre ai ripari ed il rischio, che l’orizzonte di un giorno nuovo per l’Italia si allontani con conseguenze imprevedibili, si materializzerebbe ancor più incombente.