“Siamo preoccupati per il futuro dell’assistenza ospedaliera nel Lazio e in particolar modo per quella in provincia di Rieti -esordisce il segretario generale della Cisl Bruno Pescetelli.
Apparentemente, il Piano sanitario presentato dalla presidente della Regione Renata Polverini e in questi giorni al vaglio del tavolo tecnico del Governo, ci sembra privo di logica, con misure pesanti che penalizzano troppo le province.
A Rieti, il decreto appena deliberato, si abbatterà sui posti letto per acuti della struttura ospedaliera di riferimento e su quelli dei presidi territoriali, portando la percentuale al 2,6 ogni mille abitanti e non al 2,4 come ha sostenuto l’esponente Pd Mario Di Carlo durante la conferenza stampa di ieri l’altro. E ancora, zero assoluto nei centri di lungodegenza e lo 0,1 in quelli di riabilitazione.
C’è da dire, che allo stato attuale, in provincia di Rieti, la situazione risulta preoccupante ma non drammatica come, ad e sempio, accade a Frosinone dove il rapporto posti letto ospedalieri e residenti scenderà al 2,1 rispetto allo standard indicato dal Patto per la salute di 3,3. Stesso dicasi per Latina dove si arriva a sfiorare i 2,5 letti per acuti ogni mille abitanti. Meglio Viterbo, che si attesta al 2,9, anche se le sforbiciate in programma faranno sparire dalle corsie ospedaliere 176 posti letto.
Ma non è tutto -continua il segretario della Cisl di Rieti- c’è poi da superare l’ostacolo costituito dalle quattro macroaree che rischiano di stravolgere ulteriormente i contorni di una sanità, quella laziale, già fortemente debilitata da un deficit ormai strutturale, indirizzato all’immobilismo per ciò che concerne servizi, investimenti e assunzioni.
Le quattro macroaree -precisa Pescetelli- così come immaginate, fanno finta di rispondere ad un fabbisogno di salute che, invece, così è destinato a restare insoddisfatto facendo aumentare le migrazioni sanitarie verso altre regioni. Ciò comporterà una cristallizzazione degli squilibri di un’offerta ospedaliera ancora una volta tutta sbilanciata su Roma.
Non possiamo non evidenziare –tiene a precisare il numero uno di viale Fassini- che anche questo è il risultato negativo dei confronti mancati tra Regione e sindacato, tra la Polverini e le altre forze sociali, i Comuni e le Province. Una ferita aperta per una presidente con un passato da sindacalista.
Vivit sub pectore vulnus, anche nel cuore dell’utenza, che da questo decreto ne uscirà particolarmente danneggiata poiché la compressione che si costituirà sui servizi sanitari, non farà che accrescere un malcontento diffuso prossimo all’esasperazione.
Consapevoli di ciò -continua Pescetelli- la Cisl di Rieti vuole tornare, come è accaduto per almeno un decennio, ad ispirare il cambiamento, anche nella politica sanitaria locale. Visto quanto sta accadendo in questi giorni, anche alla luce delle discordanti valutazioni dei vari personaggi politici ed istituzionali che, a seconda di chi emana il decreto, propongono oggi tesi che ieri contrastavano e viceversa, la Cisl di Rieti, che in questi anni, prescindendo da chi era al timone, si è battuta in solitaria per il mantenimento del Grifoni di Amatrice, del Marini di Magliano, per la struttura poliambulatoriale di Poggio Mirteto, per l’accreditamento delle Rsa, contrastando il depauperamento più volte paventato delle risorse dell’Asl di Rieti, che nonostante tutto resta, con i suoi oltre duemila dipendenti, la più grande Azienda della provincia, chiede alla politica tutta uno slancio scevro da condizionamenti ideologici da cui ripartire per ridare dignità e corpo ad un settore che coinvolge migliaia di lavoratori.
Aprire un dibattito che analizzi, con senso di responsabilità, il futuro della sanità nella nostra provincia all’interno di un quadro dagli equilibri delicati che coinvolge Stato, Regioni ed Enti locali è possibile anzi, indispensabile.
La piena attuazione del federalismo fiscale, l’offerta dei servizi di qualità per i cittadini e il raggiungimento di nuovi schemi di governance fra i soggetti appena citati -afferma Pescetelli- rappresentano condizioni indispensabili per una nuova fase di modernizzazione degli assetti istituzionali e di crescita duratura dell’economia.
In questo senso la Sanità rappresenta, sia sotto il profilo finanziario che della coesione sociale, l’autentico banco di prova della capacità del Sistema Italia di procedere sulla via delle riforme e della crescita sostenibile in un quadro certo di regole”.