Odissea per gli utenti dell’anagrafe comunale dopo l’addio della storica impiegata

“Si è celebrato recentemente, anche sulla stampa locale, l’addio di uno dei dipendenti storici del Comune di Rieti. Parliamo di Immacolata Sciullo che per decenni ha meritoriamente portato avanti l’ufficio posto al piano terra di palazzo di Città. Normalmente, come accade tuttavia in ogni amministrazione o ente pubblico che si rispetti, ad un dipendente – soprattutto quando si trova in un ruolo/chiave come quello della Sciullo – se ne affianca per qualche mese un altro che ne prenderà il posto affinchè il passaggio sia indolore e ciò soprattutto per i cittadini che vi affluiscono, tutti i giorni, numerosi.

Ebbene, così non è stato. E così le denunce dell’opposizione, Cassandre inascoltate che nei giorni scorsi avevano ripetutamente lanciato l’allarme per l’annunciata chiusura definitiva dell’ufficio, si sono immediatamente materializzate. I fatti: quando si fa una professione come quella dell’avvocato è spesso necessario apprendere – per i rituali “motivi di giustizia” – notizie di natura anagrafica necessarie per procedere avverso debitori impenitenti. Così è accaduto al collega di studio di chi scrive il quale, dovendo notificare un atto ingiuntivo a soggetto di cui non è noto l’indirizzo, ha avuto la malaugurata idea di recarsi presso gli uffici comunali per ottenere le doverose informazioni.

Da quel momento ha avuto inizio, per lui, un’incredibile odissea i cui contorni – a tratti paradossali se non surreali – consentono di toccare con mano lo sbando assoluto in cui versa sotto la nuova giunta l’intera macchina comunale. Arrivato a piano terra, il cartello – già reso noto da alcuna stampa qualche giorno orsono – lo avvisava che l’ufficio, dal 31 maggio, era chiuso e qui la prima pessima notizia: l’orario non era più quello “full time” della Sciullo (ovvero tutte le mattine e due pomeriggi a settimana), ma quello di tre ore mattutine (9-12) nei giorni dispari e di due (15-17) pomeridiane in quelli pari. Tutto ciò lasciava presagire al malcapitato legale in cerca di dati un incremento della fila e l’aumento dell’attesa per il certificato. “Un senso ignoto nascer mi sento in petto, pien di tristo presagio e di sospetto”, recitava Banco nella nota aria “Come dal ciel precipita” del Macbeth di Giuseppe Verdi: all’arrivo al primo piano, dove l’ufficio era stato trasferito, i peggiori incubi sono divenuti realtà. Una folla di circa quaranta persone si accalcava nei pressi dell’Ufficio ove l’Anagrafe è stata accorpata, i più in preda a disorientamento e, via via, a crescente rabbia e disappunto.

Ad aumentare la stizza degli astanti, un cartello troneggiante sulla vetrata stessa che intimava di “non suonare al citofono” e di “attendere l’impiegato che vi fornirà le debite spiegazioni”. Per quasi mezz’ora nessuno si è fatto vivo fino a che uno dei presenti ha avuto l’ardire di pigiare il tasto del citofono, suscitando la pronta reazione di uno degli impiegati il quale, con verve neanche troppo amichevole, apostrofava l’astante con il più classico dei “ma non sapete leggere!??”. La furia (legittima? Legittima!) del cittadino non si è fatta attendere, con pugni sul vetro e parole non proprio benevole rivolte all’impiegato. A porre rimedio uno degli sventurati in fila che, armatosi di santa pazienza e di buona volontà, ha di sua iniziativa cominciato ad elencare le priorità: la lista delle patenti; quella delle carte d’identità, quella dei ceritificati anagrafici e compagnia cantando. In una nota l’opposizione alla giunta Cicchetti aveva tuonato nei giorni scorsi: ”Situazione drammatica che andrà a ripercuotersi negativamente sull’utenza. Una dinamica resa ancor pi・assurda dalla mancata assunzione dei vincitori del concorso che avrebbero di certo potuto evitare tutto ciò è assurdo che il pensionamento di un dipendente sia la causa dell’interruzione di un servizio indispensabile”.

E così è stato: la macchina comunale appare sempre più come vascello senza nocchiero che, sbattuta dai marosi, arranca alla deriva e rischia nella migliore delle ipotesi di arenarsi su un banco di sabbia (dove, di fatto, già si trova da mesi) o, nella peggiore, di schiantarsi sugli scogli e colare definitivamente a picco. <<Un sindaco libero con voi>> recitava il manifesto – simbolo dell’attuale primo cittadino durante la campagna elettorale, con quel “con” preposizione semplice volta ad indicare un complemento di unione, compagnia: dopo un anno i cittadini, tuttavia, sembrano sempre più lontani.”

Francesco Saverio Pasquetti