Montagna, i rischi delle escursioni autunnali: dal freddo improvviso al buio anticipato

L’autunno in montagna porta con sé bellezze uniche, ma anche rischi ai quali molte volte non si fa troppo caso: i cambiamenti repentini del tempo, le giornate che si accorciano, e le temperature variabili e l’effetto di raffreddamento del vento possono trasformare un’escursione in un’emergenza. Ogni anno, le squadre di soccorso alpino intervengono per recuperare escursionisti sorpresi dal freddo, con conseguenze che possono essere, in casi estremi, fatali. Questo comunicato delle Guide Alpine Italiane, in collaborazione con Giacomo Poletti, ingegnere ambientale e da 13 anni docente di meteorologia per il Collegio Guide Alpine del Trentino, fornisce indicazioni fondamentali per muoversi in alta quota durante la stagione autunnale, preparandosi per le condizioni atmosferiche più insidiose di questa stagione.

Dott. Poletti, spesso si sottovalutano i pericoli legati al cambio repentino delle condizioni atmosferiche in autunno. Quali errori comuni commettono gli escursionisti e come possono evitarli?
Gli errori di valutazione più comuni si vedono nella stima delle percorrenze in una stagione in cui le giornate si accorciano; restando in ambito più squisitamente meteorologico, in autunno le errate valutazioni possono consistere nella mancata conoscenza della quota neve durante le precipitazioni e della quota di presenza del manto nevoso al suolo, problema quest’ultimo che ovviamente incide sui tempi di percorrenza; la presenza imprevista di nebbie e soprattutto la sottovalutazione degli effetti del vento con basse temperature. Errori evitabili, ovviamente, informandosi prima dell’uscita consultando in primis i bollettini regionali istituzionali delle Arpa.

Come influisce il progressivo accorciamento delle giornate e il buio anticipato sulle escursioni in quota? Quali consigli darebbe per evitare di essere sorpresi dal buio?
Se una persona non ricorda da sé l’ora di arrivo del buio, può trovarlo in internet considerando che l’orario del tramonto è sempre riferito al tramonto del sole sull’orizzonte libero (sul piano orizzontale, come avviene ad esempio sul mare). Dopo quell’ora, la luce utile dura ancora circa 30 minuti, un limite definito crepuscolo civile, oltre il quale serve la luce artificiale per svolgere le principali operazioni all’aperto (ad esempio obbligo di accensione dei fari alla guida) e anche per muoversi in sicurezza. Un esempio: se il tramonto il 15 ottobre a Trento “da calendario” è indicato alle 18.31, significa che a quell’ora il sole tramonta dietro l’orizzonte libero (orizzontale) che a Trento non si vede, essendoci le montagne. Già prima dell’ora del tramonto Trento risulterà quindi in ombra ma possiamo ricordare che mezz’ora dopo il tramonto cala sostanzialmente il buio (si tratta del crepuscolo civile, in questo caso calcolato alle 18.59). Va poi fatta attenzione agli orari che si consultano: rispetto all’ora UTC (il cosiddetto tempo coordinato universale) noi siamo avanti di 1 ora in inverno (ora solare) e di 2 in estate (ora legale). Le nubi basse e le nebbie fanno diminuire la luce: in questi casi già all’ora del tramonto la luce può risultare assai scarsa. L’ideale è quindi programmare escursioni con rientro calcolato ben prima dell’ora del tramonto indicata “a calendario”, almeno 2 o 3 ore prima in caso di uscite lunghe o con cieli nuvolosi. Va ricordato infine che attorno all’equinozio (21 settembre) il tramonto anticipa ogni giorno di più di 2 minuti (perciò oltre 15 minuti a settimana di “accorciamento” serale) e quindi affidarsi al ricordo di qualche giorno prima può risultare fuorviante. Frontalini carichi ed efficienti sono da portare nello zaino sempre come sussidio di emergenza.

L’autunno è una stagione caratterizzata da temperature variabili. Quanto è comune che si verifichino ondate di freddo improvviso? Come possiamo prevederle o prepararci?
Le ondate di freddo in realtà sono solitamente ben prevedibili: in alta quota la temperatura è più omogenea rispetto alle basse quote. Le ondate negli ultimi anni sono meno frequenti, ma ciò non deve far calare l’attenzione. Non bisogna, in generale, fare l’errore di consultare previsioni per località di fondovalle vicine ai luoghi di montagna in cui intendiamo recarci, poiché appunto in alta quota i venti sono più intensi per l’assenza di attriti con la superficie terrestre e inoltre la minor pressione rende l’atmosfera più leggera e facilmente trasportabile, fattori che portano a raffreddamenti anche repentini in alto, mentre in valle le variazioni sono molto più lente. L’invito è di consultare i bollettini regionali, reperibili ad esempio sul sito meteoregioni.it ponendo attenzione alla quota ed all’andamento previsto dello zero termico (indicata per la libera atmosfera) e del vento. Chi volesse consultare anche le app meteo generaliste, deve focalizzarsi sull’andamento delle temperature a quote uguali o superiori a quelle dove deve recarsi.

Come può influire il vento sulle temperature?
Il vento associato a condizioni fredde può portare a congelamenti, ipotermie e in casi estremi anche alla morte. Conoscere l’intensità del vento durante escursioni con basse temperature è quindi assolutamente fondamentale. Per valutare l’effetto del vento sul corpo si usa spesso l’indice wind-chill, un parametro che venne proposto per la prima volta dagli esploratori antartici Siple e Passel negli anni ’40, che cronometravano il tempo necessario al congelamento di un panno bagnato, scoprendo che esso non dipendeva solo dalla temperatura ma appunto anche dal vento, che rimuove il calore dai corpi più velocemente rispetto all’aria ferma. Secondo l’indice, più freddo fa, più l’effetto del vento diventa importante: se a 0°, 50 km/h di vento abbassano la temperatura di 8°, a -25° lo stesso vento la fa crollare di ben 17°, con rischio di congelamento in pochi minuti a partire dalle estremità più esposte al flusso (naso, dita). L’importanza del vento con temperature miti è invece secondaria, tanto che attorno ai 25° di temperatura la presenza o meno di vento non muta quasi la sensazione di benessere. Gli appassionati potranno cercare online la tabella delle temperature.

Rischio di ghiaccio: a quali segnali dovrebbero prestare attenzione gli escursionisti?
L’attenzione va posta alla possibilità di formazione di ghiaccio su sentieri e pareti. Per valutarla, si deve partire dalla conoscenza dello zero termico in libera atmosfera, riportato sui bollettini già citati, considerando però che in notti e mattinate serene, o sui versanti in ombra, e in generale a terra o in aree depresse e concave, gli 0° si possono raggiungere anche a quote ben più basse dello zero termico. Al contrario, repentini innalzamenti dello zero termico possono far staccare formazioni di ghiaccio (ad esempio sulle cascate) nei mesi invernali e vanno quindi evitate le giornate di questo tipo, anche se il tempo è bello. In autunno una situazione classica è quella dei miglioramenti dopo una precipitazione: la disponibilità di acqua al suolo e il calo delle temperature che segue la perturbazione favoriscono la formazione di ghiaccio.

Qual è l’importanza dell’umidità e della formazione di nebbia in autunno? Come queste condizioni possono complicare le salite in quota e quali accorgimenti suggerisce per affrontarle?
Prevedere le nubi in quota (e quindi la nebbia su cime e versanti) non è sempre facile; il primo accorgimento sta nell’informarsi dai bollettini, ricordando che un tempo in peggioramento tende a far calare la quota delle nubi mentre in condizioni stabili le nubi e le nebbie tendono a risalire durante la mattinata. La presenza di nuvole, di nebbie e la loro evoluzione nei minuti successivi si può visualizzare online su alcuni siti grazie al satellite. Va sottolineato che, assieme al vento, l’aspetto autunnale più sottovalutato nelle uscite è spesso proprio quello della nuvolosità. Se abbinata al manto nevoso può portare a situazioni molto critiche (casi di whiteout, fenomeno in cui l’orizzonte scompare dalla vista a causa della nebbia che fa perdere i contorni e i punti di riferimento, in una zona coperta di neve, e causa perdita di orientamento o perfino vertigini). Il GPS è un ausilio fondamentale in questo senso, benché esuli dall’aspetto strettamente meteo. 

Cosa dovrebbero cercare in particolare gli escursionisti nelle previsioni?
Riassumendo per sommi capi quanto già detto: andamento della temperatura alla quota di interesse, presenza di vento e nubi, assenza o meno di precipitazioni e quota del manto nevoso esistente. Per quanto riguarda le precipitazioni e il loro sviluppo in diretta, a livello nazionale è consultabile un radar del Dipartimento della Protezione Civile (https://mappe.protezionecivile.gov.it/it/mappe-rischi/piattaforma-radar/), che è anche deputato alla diramazione delle allerte meteo-idrogeologiche (https://mappe.protezionecivile.gov.it/it/mappe-rischi/bollettino-di-criticita/).
Esistono poi diverse app per monitorare in tempo reale i cambiamenti meteorologici come precipitazioni, temporali (fulminazioni), ma talvolta non sono sufficientemente performanti nel dare dettagli sulle zone montuose ed è necessario saper valutare l’ambiente: affidarsi a professionisti come le Guide Alpine è sempre la soluzione migliore.

Collegio Guide Alpine Italiane