“Oggi vi voglio parlare di discriminazione. Ma non quella a cui siamo generalmente abituati a sentire nei mass media, di tipo socioculturale, quella di genere o la discriminazione etnica.Parliamo di discriminazione territoriale e mi riferisco all’ultima misura del “Ministero del Sud” (sic!) chiamata “Decontribuzione Sud”, ovvero uno sconto del 30% dei contributi previdenziali dei dipendenti, per i datori di lavoro che operano nelle Regioni del Mezzogiorno (e, secondo la relazione tecnica del Decreto Agosto, anche in Umbria) a partire dal 1° ottobre.
L’ultima in ordine di tempo, ma la prima di una serie di misure che, con le risorse del Recovery Fund, andranno a creare una sorta di “Stato parallelo” e una nuova linea di confine economica, o se vogliamo un “muro” tra Sud e Centro-Nord.Sicuramente una misura utile per aiutare la ripresa economica di aree che secondo l’Unione Europea sono “sottosviluppate” (tutto il Sud dalla Campania alla Puglia in giù) o “in transizione” (le Regioni Abruzzo, Molise e Sardegna) in relazione al PIL regionale, inferiore rispettivamente del 70% e del 90% rispetto alla media europea, ed al basso tasso di occupazione, che hanno ancora carenze infrastrutturali storiche.Utile, sì, ma siamo sicuri che sia giusta? Secondo noi no, o almeno, non nella misura attuale.
La misura, per come è concepita, è altamente discriminatoria.In primo luogo, perché non fa alcuna differenza tra Regioni Sottosviluppate e Regioni in Transizione, non prevedendo quindi una decontribuzione progressiva e graduale tra territori (certamente l’Abruzzo non ha gli stessi problemi strutturali della Sicilia o della Calabria).In secondo luogo, perché è costruita attorno ad un parametro, quello del PIL regionale, che non è adatto, perché non tiene conto di realtà come quella del Lazio e delle Marche, che hanno un PIL regionale “distorto” ed influenzato dalla presenza rispettivamente della Capitale e del capoluogo marchigiano. Senza poi considerare che parte di questi territori sono stati colpiti da eventi sismici catastrofici e avrebbero bisogno di misure “shock”, che invece vengono applicate a pochi chilometri di distanza.
Se andiamo a calcolare il PIL provinciale invece che quello regionale, vediamo infatti che nel Lazio, tutte le province rientrerebbero nei requisiti dell’agevolazione prevista nelle regioni del Mezzogiorno. Tasso di occupazione inferiore alla media nazionale e media del PIL inferiore al 90% di quella europea. La presenza di Roma, con i suoi numeri da economia di grande metropoli e Capitale d’Italia, condiziona ed innalza la media regionale impedendo così agli imprenditori che lavorano nelle altre province di poter accedere alle agevolazioni.
Questo non è giusto e a tal fine ho presentato un emendamento al decreto Agosto tramite i miei colleghi senatori per cambiare il parametro da “regionale” a “provinciale” ed includere le province laziali, così come anche abbiamo provato ad estendere questa misura perlomeno ai comuni delle aree colpite dal Sisma dell’Italia Centrale (come già abbiamo fatto grazie al MoVimento 5 Stelle per Resto al Sud, i programmi Smart&Start per le start-up, il Credito di Imposta Mezzogiorno) ma dalle interlocuzioni in atto col ministero non c’è verso di far capire che non esiste un “muro” tra Sud e Centro-Nord. Perlomeno non adesso, perché non ci sono risorse economiche sufficienti per un emendamento parlamentare.
Ci riproveremo in legge di bilancio.P.S. nel frattempo fonti del Ministero dell’Economia ci dicono che la presenza dell’Umbria nella relazione tecnica sarebbe un errore di “drafting”. E nel frattempo gli imprenditori umbri cosa devono pensare? Ma chi ci lavora in via XX Settembre e al Ministero del Sud, Topo Gigio? Chi è il responsabile di questo errore si dovrebbe dimettere all’istante.” Gabriele Lorenzoni, Movimento 5 Stelle