Leggendo la stampa di questi giorni mi vengono naturali alcune considerazioni, forse non politicamente corrette, ma onestamente il livello di ipocrisia e di omertà che si respira nei palazzi del potere di questa città comincia a diventare imbarazzante.
Per l’ennesima volta trovo un’interrogazione del consigliere comunale Marroni, oramai autoproclamatosi mastino dell’opposizione, su un presunto scandalo che l’amministrazione, anzi per l’esattezza l’assessorato all’Urbanistica, starebbe compiendo rilasciando un permesso a costruire in via Turilli: atto che dimostrerebbe come si continui nel Comune di Rieti a favorire cementificazioni selvagge a favore di pochi privilegiati. Contemporaneamente, a scadenza bisettimanale, vengo sollecitato dal segretario cittadino dell’Udc a rilasciare lo stesso permesso, previa minaccia di rivolgersi alla magistratura qualora ciò non avvenisse. A entrambi ho risposto, sia per via ufficiale sia ufficiosa, che la politica non si occupa di rilascio dei permessi, i quali sono regolati dalla legge e non da scelte soggettive dell’assessore.
Se gli uffici rilasciano o non rilasciano un permesso, e qualcuno ritiene che la norma sia stata violata, è suo diritto e dovere rivolgersi non al sindaco, ma al magistrato, e da parte del sottoscritto troverà la massima collaborazione a fare chiarezza. Credo che questa sia la normalità o almeno quello che dovrebbe accadere in una città normale. A Rieti no, a Rieti si preferisce costruire teoremi sulle chiacchiere, sui ‘si dice’, si preferisce adombrare trame oscure trovando poi eco da una stampa alla ricerca di notizie clamorose. Contemporaneamente, però, alcune notizie vengono minimizzate, ridotte a trafiletti di nessuna importanza. Ieri in consiglio provinciale abbiamo assistito a una scena assurda, con un‘intera giunta incapace di rispondere a un’interrogazione su un argomento oggettivamente più grave dei teoremi urbanistici di Marroni.
Ricordiamo i fatti: un assessore della giunta Melilli, in un pubblico convegno, davanti alle telecamere, dichiara che
L’interrogazione, nella quale chiedevo di conoscere la realtà di quanto era avvenuto, voleva capire se la scelta di posizionare il nuovo convitto dell’istituto Alberghiero lungo
Credo che questa sia una notizia, un fatto oggettivamente importante, anche in considerazione che lo stesso assessore occupa una poltrona strategica per il futuro del nostro territorio. Ma tutto questo ha trovato poca eco sulla stampa, gli ineffabili censori della moralità pubblica, i Gianfranco Paris, le Rossella Vivio (tra l’altro presente al convegno ‘incriminato’) non si sono sentiti in dovere di stigmatizzare, di chiedere chiarimenti, di costruire teoremi o disegnare trame oscure. Mi chiedo: se a fare quelle dichiarazioni fosse stato Costini, se in un attimo di follia avessi dichiarato che le assunzioni fatte dal Comune erano legate a risolvere il problema di persone in difficoltà cosa sarebbe successo?
Probabilmente sarei stato costretto a dimettermi, o forse lo avrei fatto da solo per non mettere in difficoltà il mio sindaco, e soprattutto l’immagine complessiva dell’ente. Ma tant’è. Quello che avviene a Palazzo Dosi non interessa nessuno, probabilmente in questi anni è stato bravo il presidente Melilli a tenere un low profile che ha trasformato
In Provincia abbiamo anche a lungo ragionato sulla necessità di un codice etico, tale da definire i confini di una politica in cui sempre più sembrano prevalere gli interessi personali rispetto a quelli generali; in quell’occasione ho avuto modo di ribadire il mio amore per la politica. Oggi comincio a pensare di aver sbagliato a fare quelle affermazioni: guardando il panorama politico della nostra città, sentendo le notizie che arrivano da Roma, comincio veramente a pensare di aver buttato trent’anni di passione e di impegno. La politica non è fatta di grandi ideali, di battaglie piccole o meno atte a migliorare la società, la politica è sempre più un mercato, una sceneggiata di ipocrisie che nasconde piccole miserie dietro a grandi proclami.
Mi sono sempre scagliato contro la rassegnazione, ma alla fine comincio a pensare che hanno ragione quei ragazzi che quando partecipano a un concorso non chiedono quali siano le materie da studiare, ma quali siano i politici da contattare: questo siamo diventati: un bancomat a cui chiedere piaceri, legittimi o meno, acceleratori di pratiche. Il resto è noia.