Nelle testimonianze e nelle biografie relative alla vita di San Francesco, si legge spesso del suo intenso rapporto di amore reverenziale e di profondo rispetto verso la natura e gli animali.
Il “Cantico di frate Sole” è certamente l’opera summa nella quale è possibile rinvenire gli aspetti salienti dell’amore di Francesco verso Dio e il mondo, in un’esistenza votata interamente alla preghiera e alla salvaguardia della natura. La più ricca fonte di informazioni, al riguardo, ci è offerta dalle opere “Vita prima” di Tommaso da Celano, e “Compilatio Assisiensis”.
Si racconta come il Santo, nel lavarsi le mani, fosse sempre molto accorto a farlo in luoghi dove l’acqua non venisse poi calpestata dai piedi; quando camminava, inoltre, lo faceva con profondo timore e rispetto per le pietre calpestate. Procurando la legna per il fuoco, si accertava che non venisse tagliato l’intero albero e, coltivando gli orti, si assicurava sempre che i frati lasciassero una porzione di terreno alla natura incolta, affinché i fiori selvatici potessero crescervi in tutto il loro splendore.
Francesco si rivolgeva a tutte le creature con l’appellativo di “fratello” e “sorella”, tale era il suo amore per i viventi, che mostravano verso il Santo rispetto reciproco e profonda obbedienza.
In “Vita Prima”, racconta Tommaso che presso Greccio San Francesco volle liberare un leprotto, catturato da un frate con un capestro. La bestiola, riconoscente, in un gesto di straordinaria intesa e gratitudine gli si accostò al grembo dove si mise a riposare tranquillo, prima di tornare nuovamente nel bosco.
L’immagine richiama un altro episodio, avvenuto nei pressi del lago di Piediluco, dove Francesco, ricevendo in dono un pesce da un pescatore, preferì metterlo in salvo restituendolo alle acque. Quelli citati sono solamente alcuni dei frequenti episodi che hanno visto il Santo rivolgersi con amore fraterno agli animali e alla natura, tanto che il 29 novembre 1979, Papa Giovani Paolo II ha denominato San Francesco patrono degli ecologisti.
Colpito da una grave malattia agli occhi, negli ultimi anni della propria vita Francesco viene condotto a Rieti presso un medico che, però, non riesce a far cessare i terribili dolori. In preda al supplizio provocatogli dalla malattia, una notte, Francesco invoca Dio, chiedendo di essere aiutato: rassicurato nella Salvezza, il Santo prova una gioia profonda, un intenso amore per la vita che sarà la genesi del suo “Cantico”.
In una lode all’esistenza, alle creature, alla vita e così pure alla morte, Francesco mette in versi la rivelazione nata dalla profondità della fede in Dio, la quale sola può accettare tanto il piacere, quanto il dolore, nella gioia del semplice esistere: e proprio a Rieti, nel Santuario La Foresta, un complesso scultoreo (nella foto, ndr) giace in mezzo alla natura, posto a ricordare per sempre l’amore di Francesco verso Dio e per tutte le sue creature.