Nuovo appuntamento con la Rubrica di Angelita. Su Rietinvetrina l’articolo del dott. Massimo Grandi (nella foto), psicoterapeuta, membro del Comitato Direttivo CAV Centro Antiviolenza Angelita Rieti:
“Il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ha istituito il numero di pubblica utilità 1522 per tutelare le vittime di violenza e di atti persecutori (“stalking”), attivo h24, multilingue, gratuito sia da rete fissa che mobile.
Gli ultimi dati ufficiali dell’ISTAT, relativi alle chiamate ricevute da tale numero nel periodo marzo-ottobre 2020 (e quindi durante la pandemia), ne evidenzia una notevole crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+71,7%), da 13.424 a 23.071, così come le richieste di aiuto tramite chat è triplicata passando da 829 a 3.347 messaggi.
Come specialista, vorrei porre l’attenzione sulla realtà che si trovano a vivere i figli all’interno di relazioni genitoriali violente, un tema estremamente complesso che qui delineo soltanto con le inevitabili semplificazioni, la cosiddetta “violenza assistita”.
Violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica di cui sono vittime le figure di riferimento o altre figure affettivamente significative per il bambino o per l’adolescente),costituisce un’esperienza traumatica le cui conseguenze sono strettamente connesse all’età dell’insorgenza, alla qualità e alla frequenza degli eventi in cui il figlio è coinvolto ed alla presenza o mancanza di fattori protettivi (capacità regolatorie nella gestione dello stress e delle emozioni, le esperienze di “autoefficacia” e la percezione positiva di se stessi vissute dai minori e l’esistenza di rapporti di sostegno emotivo e concreto all’interno e all’esterno della rete di relazioni più stretta.
L’elemento fortemente destabilizzante, l’equilibrio emotivo dei minori esposti a violenza domestica è la distorsione del legame di attaccamento, che è il rapporto che unisce genitori (o più generalmente i “caregiver” – colui o coloro che si prendono cura fin dalla nascita dei figli) e i figli stessi, legame affettivo che, con diverse declinazioni in relazione all’età di sviluppo, ha la funzione di “base sicura”, protezione, soddisfacimento del bisogno umano di affiliazione e affetto.
Più bassa è l’età dei figli e più gravi e frequenti sono gli episodi di violenza, maggiori saranno in genere i riflessi sullo sviluppo psicofisico, su quello cognitivo, sul comportamento e sulla strutturazione della personalità.
L’esperienza clinica e gli studi dimostrano – dovendo sempre comunque considerare le specificità e l’unicità delle storie individuali – che i bambini che hanno assistito ai maltrattamenti ed alle violenze, a causa del forte e ripetuto stress, possono manifestare ritardi nella crescita staturo-ponderale e nello sviluppo psico-motorio e neuro-cognitivo, appaiono meno capaci di stringere e mantenere relazioni sociali, possono avere scarse competenze emotive, tendenza ad assumere atteggiamenti adultizzati, presentando maggiori probabilità di esprimere atti aggressivi verso gli altri bambini (come scoppi d’ira, frequenti comportamenti minacciosi e propensione alla litigiosità) e possono presentare una minore capacità di instaurare e mantenere relazioni d’amicizia e sentimentali.
E’ frequentemente presente un’intensa ansia, fino a veri e propri attacchi di panico, una maggiore impulsività con difficoltà di attenzione e concentrazione, stati depressivi, disturbi del sonno, flashbacks legati ai ricordi degli eventi traumatici, disordini nell’alimentazione, sintomi e disturbi psicosomatici, abbandono scolastico. Gli adolescenti possono perdere interesse per le attività sociali, soffrire di bassa autostima, presentare varie forme di dipendenza, tendere ad evitare le relazioni con i pari, mostrando atteggiamenti provocatori a scuola, sui social network e nelle relazioni sentimentali.
Ragazzi che hanno imparato che all’interno delle relazioni significative la violenza è permessa e accettabile ed è un segno distintivo del modello di uomo che hanno interiorizzato, avendo appreso il disprezzo verso le donne e stereotipi di genere, rischiano di mettere in atto azioni maltrattanti nei confronti delle partner così come, d’altra parte, ragazze che hanno assistito a violenze tra i propri genitori, identificandosi con la madre, possono presentare una scarsa autostima, percepirsi fragili, prive di valore ed insicure, facendo propria l’idea di dover accettare una relazione opprimente e/o abusante, considerandola “normale” in base alle proprie esperienza e ai propri modelli adulti di riferimento. A volte i figli possono assumere comportamenti compiacenti e prendere le parti dell’uno e dell’altro dei genitori, imparando a servirsi di bugie o a schierarsi in base alle circostanze, vivere “conflitti di lealtà”, creando dolorosi giochi di alleanze che insinuano e mantengono dinamiche relazionali e comunicative disfunzionali all’interno del sistema familiare.
Ricordiamo ancora una volta che di fronte ad una violenza subita, ad una violenza di cui si è testimoni diretti (ad esempio vicini che sentono urla, botte, ecc.) o indiretti (presenza di lividi o comportamenti sospetti o sfuggenti in un adulto, segni rivelatori su un minore anche di tipo comportamentale ed emotivo, ecc.) è fondamentale cercare aiuto contattando le forze dell’ordine, i Centri AntiViolenza oppure telefonando al n° 1522.
Il centro Antiviolenza Angelita di cui faccio parte è attivo 365 giorni ed h 24 e risponde al numero 377 6979564. E’ stato istituito inoltre un servizio di chat per una risposta ancora più tempestiva.
È fondamentale che tutti gli adulti che sono a contatto con i minori assumano una responsabilità diretta per far emergere eventuali situazioni sommerse, attrezzandosi per riconoscere tempestivamente ogni segnale di disagio, senza trascurarlo o minimizzarlo. Gli insegnanti, il personale sanitario e gli operatori in servizio nei presidi pubblici hanno l’obbligo di segnalare il caso di violenza o maltrattamento in famiglia alle autorità competenti che attraverso le indagini verificheranno la sussistenza o meno di un reato a cui seguiranno tutti gli atti dovuti, protettivi e terapeutici nei confronti delle vittime”.
Dott. Massimo Grandi, psicoterapeuta, membro del Comitato Direttivo CAV Angelita – Rieti, via delle Stelle, 24.