Nuovo appuntamento su Rietinvetrina con la RUBRICA DI ANGELITA. Oggi, sabato 23 gennaio, vi facciamo leggere l’articolo di Enrica de Michele (nella foto) del Centro Antiviolenza Angelita:
Mi chiamo Enrica de Michele e sono iscritta al 2 anno del corso di laurea Psicologia Applicata, clinica e della salute, indirizzo devianza e sessuologia.
Il mio interesse nell’ultimo periodo ha riguardato il maltrattamento dei minori soprattutto nel periodo della pandemia e ne ho voluto parlare nell’articolo de “La Rubrica di Angelita”.
La famiglia […] non sempre è quel luogo di comprensione, solidarietà e amore disinteressato che vorremmo per ogni bambino. Anzi, troppe volte al suo interno si sviluppano dinamiche di cui i bambini finiscono per diventare, direttamente o indirettamente, gli agnelli sacrificali” (“La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”, Terres des Hommes Italia, 2020)
Trascuratezza, percosse, abusi… quelli della violenza minorile sono aspetti tristemente confermati dalle recenti indagini del Comando Interforze della Polizia di Stato e resi ampiamente noti dai numerosi fatti di cronaca.
Così le storie di Elena e Diego, come quella del piccolo Evan, sono diventate il sintomo di un malessere profondo che si riflette nei dati: nel 2019 i maltrattamenti in famiglia e verso i fanciulli si sono confermati la fattispecie di reato contro i minori di gran lunga più frequente, con un aumento del 7% sull’anno precedente e addirittura un raddoppio (+105%) sui 10 anni.
Parliamo ad oggi di ben 2101 minori, bambini e bambine, preadolescenti o adolescenti (di cui le femmine occupano il 54%), sebbene questi casi rappresentino soltanto una piccola porzione di quelli che realmente si consumano nell’ombra delle celate e apparentemente sicure mura domestiche. Come se non bastasse, la diffusione pandemica che ha sconvolto nell’ultimo anno la nostra società ed il mondo nella sua interezza, obbligando intere Nazioni a chiusure massicce di attività, sport e scuole, ha costretto milioni di bambini all’isolamento e ad una condizione che gli rende impossibile poter chiedere aiuto.
La preoccupazione maggiore condivisa da associazioni di tutto il mondo, riferisce Gloria Soavi, presidente del Cismai, riguarda in particolare “i rischi del lockdown sui bambini in maggiori difficoltà”, identificati in coloro che vivono una condizione di incuria, spesso privati di un pasto decente, talvolta “adultizzati”, “sovra-responsabilizzati” e vittime di casi di violenza conclamata (violenza assistita e/o diretta) in un clima cupo e conflittuale, inasprito dall’attuale emergenza sanitaria.
Sebbene nel nostro Paese ci sia stata una riduzione delle chiamate al numero antiviolenza 1522 del 55% nelle primissime settimane di lockdown, nel periodo dal 6 aprile al 3 maggio il tasso di richieste arrivato ai centri antiviolenza è cresciuto del 79,9% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Il 33% sono donne e ragazze che hanno chiesto aiuto per la prima volta, nonostante le difficoltà di trovare un momento in cui farlo, supportate anche da innovativi strumenti messi a disposizione dalla Polizia di Stato, come l’app “Youpol”, il cui utilizzo è stato esteso ai casi di cui sopra da fine marzo 2020.
Al Centro Antiviolenza Angelita dove ho svolto il tirocinio è stato attivato da un anno un servizio di chat al numero 377 6979546, così da permettere alle vittime un servizio veloce e senza destare sospetto al convivente.
La condizione di invisibilità che spesso caratterizza tali fattispecie di reato li rende talvolta più difficili da individuare ed eradicare. È per questo che la dimensione preventiva resta tutt’oggi una risorsa strategica sulla quale è necessario investire in maniera sistematica e capillare, tale da favorire lo sviluppo di importanti strumenti protettivi (tra cui la resilienza), garantire forme di tutela a livello individuale e sociale e promuovere una cultura dei diritti.
Ringrazio la presidente del CAV Angelita, dott.ssa Silena D’Angeli per avermi dato l’opportunità di sostenere il tirocinio in un momento difficoltoso, che impedisce contatti ravvicinati, la mia tutor, dott.ssa Debora Colantoni e l’intero staff del Centro per avermi regalato un’esperienza di formazione che metterò nel bagaglio culturale insieme agli studi universitari.
La vera pratica negli studi di psicologia si fa in mezzo ai problemi, conoscendo le tristi realtà e cercando di collaborare uniti a forze dell’ordine, servizi sociali e centri antiviolenza per un obiettivo comune, l’eliminazione della violenza sulle donne e sui minori, vittime al primo posto.
Enrica De Michele