La Provincia, disuniti alla difesa di quella che fu?

Constatare l’ennesima disparità di vedute, o per meglio dire,vedere un andare in “ordine sparso”, della classe politico-amministrativa-sindacale rispetto al continuo e costante fenomeno della spoliazione delle strutture provinciali mi vengono istintivi sintomi rabbiosi. E’ una constatazione fatta dopo aver ripercorso, mnemonicamente, la storia di quella che fu, ed è stata purtroppo, la Provincia di Rieti.
Orbene, per essere chiari al massimo, ritengo sia necessario partire dalle origini; dall’estensione territoriale disomogenea e distante, sotto ogni profilo geografico, storico ed etnico, dei territori che furono allora accorpati all’inizio del Secolo scorso. Per quasi l’intero 1900, attraverso ogni simbolo partitico e politico (dal PNF che la realizzò nel 1927), a tutti i Partiti derivati dalla riconquistata Democrazia nel 1944), si lavorò per “unire” materialmente, socialmente, culturalmente e per dare una forma politico-amministrativa unitaria e sociale a quel nuovo Organismo.
Una Provincia il cui tessuto sociale era composto per lo più da poveri addetti ad una misera agricoltura, per cui si cercò di porre in essere una trasformazione industriale moderna, non escludendo uno sviluppo culturale adeguato alla bisogna, per ciò furono creati Istituti Tecnici superiori finalizzati proprio a quel disegno.
Si dette inizio allo sviluppo turistico che completassero la felice intuizione degli anni Trenta del Terminillo. Uno sviluppo che fosse capace di corredare il settore con le innumerevoli risorse e i tesori storici ed artistici, del quale quell’eterogeneo territorio era cosparso. Ricchezze largamente apprezzate dal mondo culturale e turistico, nazionale ed internazionale.
Una serie nutrita e numerosa di iniziative seguirono quell’inizio; va comunque anche detto che non fu tutto facile. I contrasti, le discussioni, le manifestazioni a favore o contro quel tipo di risoluzione di questo o di quel problema, non mancarono. Furono però esercitazioni di opinione che, comunque, seguivano studi, incontri e confronti sul programma, o sui programmi, che ogni “Organino” aveva predisposto ed approfondito nel suo raggio d’azione e di competenza. Organismi politici, sindacali ed economici e non mancarono anche i contributi dei Comuni, delle Associazioni di categoria, della stampa e di ogni altro movimento d’opinione, allora esistente.
Programmi e azioni che si confrontavano nel susseguirsi di maggioranze degli organismi elettivi, nei sindacati dei lavoratori, con convegni o seminari di studio che Enti ed Istituti organizzavano. Unico era lo scopo e la meta: sviluppo e ricerca di omogeneizzazione di quel territorio così diverso e disuguale! così fin quasi al termine del secolo scorso.
Fin quando, cioè, si assistette alla disgregazione dei partiti e delle ideologie in Italia. Poi, ancora, la crisi economica, anch’essa certamente non solo nella nostra Provincia.
Resta comunque di fatto che solo e soltanto qui si assiste al defaticante fenomeno della disgregazione socio-culturale… e politica, rispetto alle tematiche che la situazione attuale pone. Solo da noi si continua a “marciare divisi”; questa volta però non per raggiungere lo scopo della unificazione territoriale, ma per motivi… caratteriali? Non saprei come definirli!
Solo da noi si assiste a divisioni sul completamento di strutture importantissime, in precedenza pensate, ideate, studiate e finanziate, per unire i centri più lontani al Capoluogo. Solo da noi si abbandona (e ci si divide) sull’idea di un collegamento diretto con l’Autostrada del Sole (pensato dall’On. Malfatti), progetto parzialmente realizzato con lo svincolo di Soratte in quel di Stimigliano misconoscendo il resto di un’idea di collegamento di Rieti con la Bassa Sabina.
Solo da noi ci si “arruffa” sul tracciato della Rieti-Terni scegliendo poi il peggio di quel collegamento che, comunque, non si riesce ancora a completare a distanza di anni da quella scelta. Solo da noi ci si “azzanna” rispetto al completamento della Rieti-Torano, perché prima ci si dilania bloccandola al bivio di Concerviano ed oggi a Grotti di Cittaducale, in quanto non si ha il coraggio di scegliere come “by-passare” Casette.
Solo da noi di assiste inermi alla continua costante chiusura di opifici nel Nucleo Industriale (pochi allora ci credettero), facendolo morire per carenza di adeguate comunicazioni e portandolo ai margini della Provincia, a Passo Corese. Solo da noi vanno registrate le diatribe sull’ammodernamento a 4 corsie della Statale Salaria o alla realizzazione del tratto ferroviario Contigliano-Fara Sabina.
Solo da noi si scompone il tessuto ospedaliero, declassandone quasi totalmente quanto di buono era stato creato, rischiando di ridurre il principale ospedale cittadino a mero Pronto Soccorso. Solo da noi si registra enorme incertezza per il cosiddetto “rilancio del Terminillo” per spendere circa 20 milioni di Euro stanziati oltre dieci anni addietro e ancora non se ne sa la fine.
Una Giaculatoria questa che potrebbe continuare all’infinito, ma occorre fermarsi per non tediare, più oltre, l’animo sfiduciato dei cittadini che assistono più o meno “mugugnando” a questo rosario malefico,che da troppo tempo si sta recitando mentre si cancella, passo dopo passo, la Provincia di Rieti.
L’elencazione potrebbe continuare, ma preferisco interromperla qui.
Registrando un ulteriore paradosso, quello in cui, continuando le divisioni in loco, si sostiene che occorre attrezzarsi per cercare di fronteggiare il futuro in maniera meno traumatica e più fiduciosa. Parole sagge, ma comunque tardive.
Attrezzarsi come? In quale maniera? Con quale studio e/o “progetto” frutto di quale confronto o discussione effettuata nelle sedi più appropriate, comunque capace di seguire linee concertate per guidare la nuova realtà strutturale che si profila? Attrezzarsi come? Rispetto per esempio al riacutizzarsi di fenomeni separatisti: chi vuole andare con Terni, chi con Roma, chi con L’Aquila, quando invece ci si sta spingendo in braccio a Viterbo?
Attrezzarsi come se proprio con la Provincia di Viterbo (se la memoria non mi tradisce) si iniziò a parlare del che fare con l’abolizione delle Province e con l’idea che si sarebbe marciati in stretta sintonia? Quale disegno, insieme alla provincia di Viterbo, fu discusso o concertato?
Il trasferimento dell’ARES, quello della Prefettura? E quale altro organismo porteremo vi di Rieti? Era questo quanto concertato con Viterbo?
E se non era questo, quali strumenti, quali confronti, quali programmi discussero dopo quegli incontri? Quale strategia fu approntata per fronteggiare, preparati, le novità attuali?
E la Regione che cosa fa?
Assiste inerme o dovrebbe fare la sua parte? Perché si abbandona la vecchia (a mio parere ancor più valida) idea di creare Roma-Regione e varare una Regione Lazio composta dalle altre 4 province?
Interrogativi ritengo legittimi ed opportuni ai quali sarebbe necessario fornire risposte adeguate, anziché continuare a “mugugnare” o andare divisi. Del resto la dismissione di taluni Enti ed Organismi, corredata anche dall’accentramento a Roma di alcune sigle Sindacali, confortano il disegno nefasto che ci viene “ammannito” poco alla volta, fino all’esaurimento di questa che fu la Provincia di Rieti.
Anche in questo caso, coloro che dovrebbero o potrebbero fare qualcosa marciano divisi, senza porsi la ragione di questi deleteri atteggiamenti. Divisioni che osservatori meno disattenti ritengono non nuove, ma che erano già in essere all’origine degli attuali conduttori del timone di vari Enti elettivi o di nomina. Per cui non meravigliano più di tanto i contrasti e i personalismi dove, in mancanza di un disegno concertato, ognuno è libero di dire la sua.
Altrimenti non si spiega il significato, rispetto agli ultimi avvenimenti, circa la diversità prospettica da ognuno esternata. La spoliazione della Provincia sarà un fenomeno inarrestabile fin quando non si tornerà a ritrovare un’unità d’intenti, alla ricerca di una comune meta, a meno che non sia quella di assistere inermi all’impoverimento totale del territorio cittadino il quale meriterebbe maggiore attenzione e migliore operatività, ed una classe dirigente più attenta, meno litigiosa e più confacente alle attuali e future esigenze.
Antonio Cipolloni