Centro Rigliani: Il Sindaco Petrangeli è male informato. Nessuna proposta di contratti a tempo determinato. Non si può addossare la responsabilità di un evidente “pasticcio” alle operatrici.
Molto si è scritto e detto riguardo la vicenda del centro di riabilitazione “Rigliani” , spesso a sproposito e a scapito della chiarezza. Riteniamo opportuno quindi intervenire, per quanto di nostra competenza per chiarire aspetti che abbiamo seguito con attenzione, insieme al nostro ufficio vertenze, al fine di tutelare i legittimi interessi e diritti delle lavoratrici, diritti che sono stati, fino a questo punto, platealmente violati. Se oltre a ciò aggiungiamo che non è la prima volta che si prova ad addossare la responsabilità dell’attuale situazione di stallo alle lavoratrici stesse, è nostro preciso dovere provare a ristabilire, per quanto ci compete, la verità dei fatti.
Nei passaggi di gestione di servizi è preciso obbligo della ditta subentrante provvedere alla riassunzione del personale impiegato nel servizio. Il RIAH ha partecipato ad un bando pubblico, lo ha vinto, e non ha provveduto a quanto imposto dalla legge e dai contratti, e cioè alla predetta riassunzione.
Il fatto che alle lavoratrici si sarebbe offerto un contratto a tempo determinato NON E’ VERO (e comunque in caso di servizi appaltati la differenza tra contratto subordinato a tempo determinato o indeterminato è questione di lana caprina). Negli incontri, di cui è redatto apposito verbale, tenutisi presso la locale Direzione Territoriale del Lavoro, la società RIAH ha sostenuto di non essere in grado di assumere ne a tempo indeterminato ne determinato le operatrici interessate, proponendo semmai un “contratto a progetto”, che è cosa ben diversa e sostanzialmente definibile come una “precarietà a termine”.
La “proposta”, francamente inaccettabile (rispetto ad un contratto a progetto, ovviamente a termine) renderebbe addirittura più conveniente per le operatrici, sia in termini retributivi che contributivi, ricorrere alla indennità di disoccupazione, e mette in luce un atteggiamento culturale pericoloso, secondo il quale i servizi si possono erogare soltanto comprimendo ed in qualche caso annullando i diritti dei lavoratori. Non è così, anzi è l’esatto contrario. Abbiamo già ampiamente sperimentato, proprio in termini di servizi sociali ma anche in termini di servizi sanitari, che precarizzare i lavoratori significa precarizzare i servizi e mette in luce evidenti carenze di programmazione, che proseguono secondo un solco culturale secondo il quale i servizi sociali sono la fisarmonica dei bilanci, e cioè la prima cosa da comprimere in caso di diminuzione di risorse.
Ora per quanto riguarda il servizio offerto dal centro Rigliani, ci permettiamo di dire che per quanto è di nostra competenza, non importa dove questo servizio viene erogato, (e cioè la geografia), ma che venga erogato e che non vengano lesi i diritti degli utenti e degli operatori (e cioè il diritto). Operatori che, per inciso, sono senza reddito da ormai 4 mesi. Nell’attesa di risolvere la questione “geografica” riteniamo quindi necessario provvedere, intanto in via provvisoria, ad impiegare, da subito, i lavoratori in questione e sgombrare il campo da “malintesi” e facili demagogie.