Per la rubrica di Rietinvetrina.it SEI TU IL REPORTER ci scrive un lettore che ha vissuto un’incredibile disavventura all’ospedale de Lellis di Rieti:
“Dopo la pre-ospedalizzazione al de Lellis sono stato chiamato lunedi 17 agosto per un intervento in day hospital da farsi la settimana successiva (lunedì 24 agosto), il tutto con effettuazione del tampone in drive-in per verificare la positività o meno al Covid, quest’ultimo sostenuto sabato 22 agosto (con prenotazione programmata direttamente dall’ospedale).
Ho eseguito quanto richiesto e lunedi mi sono presentato alle ore 8 presso il reparto di Chirurgia per essere operato, ma una volta arrivato lì sono rimasto di stucco quando, insieme ad altre due persone, non siamo stati fatti entrare nel reparto in quanto le risposte del tampone Covid che tutti e tre avevamo effettuato non erano pronte.
Dopo ripetute richieste al personale del reparto, non in grado di darci una risposta in merito, in quanto il ritardo non dipendeva da loro, con molto nervosismo siamo restati in sala di attesa aspettando il responso del tampone. Finalmente, dopo lungo penare (ben 5 ore), intorno alle ore 13 è giunta la mia tanto agognata risposta.
Quindi sono stato ammesso in reparto e portato in sala operatoria. La cosa sconvolgente è che le altre due persone presenti in sala con me hanno addirittura dovuto attendere le ore 18 per ottenere la risposta del tampone effettuato due giorni prima, praticamente la prima persona ha aspettato in tutto 10 ore e la seconda 11 ore (in quanto uno dei miei compagni di sventura era arrivato in ospedale alle ore 7 come da direttive impartite dall’infermiera).
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Dopo l’estenuante attesa anche loro sono entrati in reparto e a seguire portati in sala operatoria. Quanto accaduto è incredibile, anche se in emergenza Covid non è accettabile comportarsi con tale leggerezza, che ritengo inammissibile.
Persone alle quali viene richiesto il tampone con estrema urgenza, perchè prossime ad una operazione, non debbono stare ore in attesa di risposte che vista l’importanza e la premura dovrebbero avere la precedenza.
Assieme a me c’erano una persona di 70 anni ed una di 80, sedute per oltre dieci ore su una sedia, a digiuno dal giorno prima, con l’ansia di un intervento e con il pensiero di poter essere positive al Covid oppure di poterselo raccogliere stando a contatto con altri soggetti presenti in sala d’attesa.
Trovo l’accaduto scandaloso, mi auguro che questa mia segnalazione possa smuovere le coscienze degli addetti ai lavori affinchè il disguido non si ripeta in futuro.” Conclude il nostro lettore.