“Proprio quando si sperava di vedere rafforzati quei segnali di una sia pur lenta e incerta ripresa, ci troviamo nuovamente di fronte a un rallentamento lungo la strada che porta al superamento della crisi da parte del sistema produttivo locale, che ci riporta indietro di qualche semestre fa”. Con queste parole il presidente della Federlazio di Rieti, Riccardo Bianchi, ha commentato i principali risultati dell’indagine congiunturale sulle Pmi del Lazio relativa al primo semestre 2016, presentata oggi presso la sede dell’Associazione di categoria.
Prima ancora dell’andamento delle principali grandezze esaminate (ordinativi, fatturato, produzione, occupazione e cassa integrazione) – che presentano andamenti percentuali altalenanti, largamente dipendenti dai valori assoluti molto piccoli della nostra Provincia – per il presidente della Federlazio di Rieti “è la percezione del momento congiunturale manifestata dalle imprese stesse a parlarci di una discontinuità nel trend che da alcuni semestri a questa parte aveva visto il numero delle imprese “ottimiste” prevalere rispetto a quelle “pessimiste””.
A determinare questa situazione, sicuramente il clima internazionale tutt’altro che disteso, il quale porta a chiudere o a rendere più difficile la penetrazione commerciale delle nostre imprese in alcuni mercati, oppure eventi come la Brexit o l’incertezza legata all’esito delle recenti elezioni in USA. “Cause riconducibili sostanzialmente al fenomeno della debolezza della domanda, – ha aggiunto Bianchi – che anche la BCE, nella sua consueta indagine semestrale conclusa ad aprile scorso, considera il nodo principale che attanaglia l’economia dell’Europa”. Questioni macroeconomiche che delineano lo sfondo, a cui occorre affiancare quelle microeconomiche, legate alle caratteristiche strutturali del nostro tessuto produttivo, regionale e nazionale, caratterizzato da un’alta presenza di piccole imprese, che hanno necessità di compiere un salto di qualità che le porti ad affrontare in modo più proficuo ed efficace le dimensioni del mercato attuale.
Parte da qui l’analisi puntuale dei dati dell’indagine compiuta dal direttore della Federlazio di Rieti, Giuseppe Scopigno, il quale individua non tanto nella capacità delle imprese di ”nascere” ma soprattutto di crescere e rafforzarsi, la vera sfida per il tessuto economico locale. Se infatti è vero che, ad una prima analisi, potrebbe destare sorpresa il dato di Rieti, il cui saldo dello 0,84% tra nuove imprese iscritte nel Registro Imprese della Camera di Commercio e imprese cancellate supera il dato regionale e nel confronto con lo stesso periodo del 2015 mostra un certo miglioramento (0,50%), c’è anche da evidenziare come tale numero sia fortemente influenzato da esercizi commerciali al dettaglio, servizi di ristorazione, partite IVA aperte in larga misura da persone fuoriuscite dal mondo del lavoro subordinato, oltre che dall’attivazione del PSR (Piano di Sviluppo Rurale) che ha portato a nuovi insediamenti nel settore dell’agricoltura.
“Tra le strategie necessarie alla crescita ed al consolidamento, ad esempio, – spiega Scopigno – un posto prevalente va riservato all’innovazione tecnologica, che consente di recuperare sul piano dei nuovi prodotti quello che la concorrenza erode sul piano dei prezzi. Certo l’innovazione ha dei costi, richiede investimenti, richiede ricerca e richiede altresì di saper attendere che i risultati di quest’ultima si tramutino in vantaggi competitivi da spendere sul mercato. Ma soprattutto richiede una mentalità e una sensibilità da parte dell’imprenditore tali da spingerlo a puntare senza esitazioni sull’innovazione, qualunque sia il settore di appartenenza, non escluse le imprese operanti nei settori tradizionali. Il tutto in una logica di rete tra imprese”.
Indispensabile anche il supporto da parte delle istituzioni, perché “se non si trova la strada per ripristinare fiducia nei cittadini e nelle imprese, e in parallelo il modo per rilanciare gli investimenti sia privati che pubblici, il nostro Paese sembra condannato a una stagnazione strutturale”. “In questo quadro non sorprende neanche il mancato raggiungimento degli obiettivi del quantitative easing in Italia, – precisa Scopigno – né in termini di contrasto alla deflazione, né di trasferimenti di denaro dalle banche all’economia reale. Proprio l’agevolazione dell’accesso al credito, oltre all’accelerazione di riforme quali la pubblica amministrazione o la giustizia civile, è nella visione degli imprenditori un’assoluta priorità. Così come lo è la riduzione della pressione fiscale e lo sblocco dei pagamenti. E soprattutto serve chiarezza sulle modalità di implementazione delle strategie: ad esempio i decreti attuativi spesso sono scritti male, si veda ad esempio il nuovo codice degli appalti che sta fermando tutto”.
“Insomma c’è bisogno di maggiore concretezza. – conclude il Presidente, Riccardo Bianchi – Per questo, come Federlazio, stiamo intraprendendo un percorso che possa creare condizioni favorevoli alla salvaguardia, la crescita e lo sviluppo, nonché all’insediamento di nuovi iniziative imprenditoriali, attraverso: interventi volti all’abbassamento della pressione fiscale, condizioni normative più fluide nella gestione del rapporto di lavoro, nuovi strumenti di welfare integrativo, e azioni tese a ridurre il costo del lavoro per unità di prodotto e a rafforzare la capacità di reazione alla variabilità dei mercati”.