Si è svolto nel pomeriggio di mercoledi 29 marzo, nel palazzo papale di Rieti, un incontro tra i Sindaci del territorio della diocesi di Rieti e il vescovo Domenico. Un appuntamento organizzato dall’Ufficio diocesano Problemi Sociali e Lavoro, cogliendo l’occasione del cinquantesimo anniversario della pubblicazione della Populorum progressio di Paolo VI, che, nelle intenzioni di mons. Pompili, dovrebbe ripetersi annualmente e fare il paio con il Discorso alla Città pronunciato alla vigilia della festa di santa Barbara.
Da parte del vescovo, infatti, c’è il riconoscimento ai sindaci di essere «la figura pubblica destinata a riconciliare la politica con la società civile». Essi rappresentano «l’estrema frontiera di un tessuto frammentato e spesso disorientato, che trova in lui l’ultimo, e talora, l’unico interlocutore». Non è raro che il sindaco si ritrovi a «fare il padre, l’assistente sociale, il prete, il medico, l’imprenditore». Il Primo Cittadino si trova sempre più a venire incontro alle richieste dei singoli, ma insieme, avverte don Domenico, «deve perseguire il bene comune, cioè l’interesse della collettività».
Un punto sottolineato con forza dal vescovo, nella consapevolezza che «non è facile operare questa integrazione senza contraccolpi». D’altra parte l’orizzonte è in molti casi lo stesso per la parrocchia, che in territori minuti e scarsamente popolati è l’altra istituzione chiamata a conservare l’identità dei luoghi e, a suo modo, l’armonia degli interessi.
Questa consapevolezza ha portato il vescovo a individuare le tre grandi sfide di oggi nella «scarsità delle risorse», nella «mancanza di un progetto di ampio respiro», e nella «volubilità degli interessi privati». Dopo il terremoto, l’azione del sindaco è diventata quella di chi «ci mette la faccia» per descrivere la possibile ricostruzione. «Al netto di ciò che compete allo Stato centrale, regionale, provinciale – ha riconosciuto don Domenico – chi rende credibile e avvicinabile l’istituzione pubblica è sempre il sindaco».
Di conseguenza mons. Pompili ha proposto tre parole chiave sulle quali lavorare insieme “per attraversare il tempo che ci sta davanti e che, realisticamente, non durerà meno di 10 anni»: “silenzio”, “sogno” “serietà”.
La prima è un invito a ritrovare lo spazio della riflessione insieme a quello dell’azione, cercando però di evitare il rischio di chiudersi in se stessi. La seconda indica la capacità di guardare le cose con una prospettiva di lungo periodo, tenendo presente la lezione di De Gasperi, per il quale “lo statista guarda lontano, il politicante solo l’immediato”. Quanto alla serietà, è un richiamo a cogliere nel tempo presente, così dolorosamente segnato dal terremoto, anche l’opportunità di compiere quelle cose necessarie, ma che finora non si è riusciti a fare, con le infrastrutture stradali e ferroviarie come priorità.
“Siete sindaci in un periodo storico avaro di riconoscimenti per chi si impegna a farsi carico degli altri”, ha concluso il vescovo. «La Chiesa vi è accanto e desidera condividere questa fatica del bene comune, senza la quale la nostra società rischia la disgregazione. Grazie per il vostro impegno quotidiano».
Da parte loro, i sindaci hanno raccolto con entusiasmo l’iniziativa del vescovo, intavolando un dialogo aperto e costruttivo.