Il lavoro nero uccide l'impresa

“Il lavoro nero è un fatto gravissimo e va combattuto”. A lanciare di recente questo messaggio è stato addirittura Papa Francesco, il quale, durante il periodo quaresimale, ha voluto richiamare l’attenzione dei fedeli su uno dei problemi che maggiormente depaupera famiglie e finanze del nostro Paese. Lavoro in nero, ma anche evasione fiscale e corruzione diffusa, sono questi i mali divenuti nei decenni il punto più “destabilizzante” del sistema Italia. Il livello complessivo dell’economia sommersa in Italia è enorme; per quanto riguarda il flusso di denaro generato dal lavoro nero, i dati di un recente rapporto dell’Eurispes si attestano su un valore di circa 300 miliardi di euro. La conseguente evasione fiscale, da sola, raggiunge infatti la cifra di 180 miliardi di euro.
In termini assoluti la più alta d’Europa. Una somma che viene sottratta alla collettività e che, se recuperata, permetterebbe di rilanciare lo sviluppo e di ridurre significativamente le tasse che gravano sui cittadini e sulle imprese. All’evasione fiscale, oltre al lavoro nero, sono strettamente legati lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e le frodi in danno del sistema previdenziale.
Il lavoro nero sottrae alle casse dello Stato circa 43,7 miliardi di gettito. Una rilevante quota di questo fenomeno nel nostro Paese è generata dagli indipendenti irregolari, l’esercito degli “abusivi”, che fanno concorrenza sleale alle imprese regolari, determinando l’evasione di imposte dirette quali Irpef ed Irap, di imposte indirette quali l’IVA e di contributi previdenziali ed assicurativi. Si stima che il lavoro indipendente, nei settori non agricoli, determini un’evasione fiscale e contributiva pari a 11.784 milioni di euro.
Insomma, il “sommerso” in Italia rappresenta una vera e propria economia parallela che vale tra il 17 ed il 21% del Pil nazionale. Sul come contrastare il fenomeno si è parlato moltissimo, si è approfondito parecchio, si sono messe in campo forze autorevoli, senza però dotarle di quegli strumenti efficaci che vadano a scardinare il problema nella sua profondità. Il lavoro nero, già per sua denominazione, è un fattore economico “invisibile” e, dunque, difficilmente valutabile nella sua interezza.
Per indebolirlo è necessario agire all’origine del “male”: ripristinare innanzitutto quella “cultura della legalità” che il nostro Paese ha smarrito da tempo. E poi, dare vigore all’intervento repressivo e varare delle normative che vadano ad equilibrare i costi del lavoro, facendo diventare meno “vantaggiosa” l’evasione.
Il Sistema Confartigianato ha intrapreso, a livello nazionale e locale, numerose iniziative di lotta al lavoro nero, ritenendolo una delle priorità per dare sostegno alle imprese  regolari. Dalle campagne di sensibilizzazione, all’impegno nella valorizzazione del lavoro “ben fatto” perché svolto da artigiani “accreditati”, alla collaborazione con le istituzioni per contrastare i fenomeni di abusivismo.
Per settori specifici, quali il benessere e l’edilizia, fortemente segnati dal dilagare del lavoro irregolare, si sono create iniziative ad hoc, volte ad una capillare sensibilizzazione sia verso le autorità competenti in materia di vigilanza sia verso i consumatori, i quali spesso per scarsa informazione sui rischi, cadono nella trappole di un facile risparmio, privo però delle garanzie di qualità.  Vista la portata del problema, anche a livello europeo si è deciso di intervenire. Il Parlamento UE ha approvato la realizzazione di una piattaforma per mettere in rete tutti gli organismi nazionali dei 28 paesi membri a cui e affidata la lotta al sommerso.
Ispettorati del lavoro e della sicurezza sociale, autorità fiscali, quelle che si occupano di politiche migratorie e rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro potranno così condividere informazioni e “best practice”, discutere degli strumenti adottati dai singoli paesi e di questioni comuni come il lavoro autonomo fittizio o il sommerso nei subappalti, due esempi che riguardano da vicino anche il nostro Paese. Potranno cooperare nella formazione e soprattutto definire principi e orientamenti condivisi. Un passo avanti verso un’Europa dei cittadini e delle imprese che però dovrà essere accompagnato anche da una forte semplificazione amministrativa delle regole in materia di lavoro, senza compromettere le garanzie, e da una significativa riduzione del cuneo fiscale che è la prima causa del lavoro sommerso: oltre il 60% di chi paga o lavora in nero lo fa perché spende di meno.