La protesta contro i tagli ai Patronati si va intensificando in vista dell’arrivo in aula della legge di Stabilità. Il 5 e 6 (sabato e domenica) dicembre tutte le sedi di Patronato e dei Caaf restano aperte per servire le persone che hanno bisogno di assistenza e tutela e per distribuire materiale informativo e di protesta.
Un presidio di protesta nazionale è stato messo in calendario per il 9 dicembre a Roma, davanti alla sede della Camera dei deputati, a partire dalle 15. Proprio quel giorno infatti è previsto il licenziamento del testo in sede di Commissione Bilancio. Delegazioni regionali di Acli, Inas, Inca e Ital giungeranno a Roma, insieme a tante cittadine e cittadini che in questi giorni hanno fatto sentire la loro voce sui social network, postando la loro immagine a sostegno della campagna unitaria #iocimettolafaccia.
Non ci sentiamo da soli. Insieme a noi ci sono migliaia di persone che non vogliono rinunciare alla tutela gratuita previdenziale e socio assistenziale offerta da questi istituti. Forti del grande sostegno alla nostra protesta abbiamo anche chiesto un incontro urgente alla presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, alla quale solleciteremo di attivare tutte le pressioni necessarie affinché sia stralciata qualsiasi ipotesi di riduzione delle risorse destinate a questi istituti.
Proprio come è già successo lo scorso anno, quando abbiamo raccolto oltre un milione di firme contro i tagli al Fondo patronati, in questa occasione sono in tanti che hanno deciso di metterci la faccia. Sul sito www.tituteliamo.it ogni giorno si moltiplicano gli attestati di solidarietà e di sostegno della nostra mobilitazione. E non mancano, neppure questa volta, gli Enti previdenziali, Inps e Inail, che in tante regioni hanno fatto sentire la loro voce sottolineando come l’attività dei patronati rappresenti un indispensabile strumento per assicurare le prestazioni ai cittadini e alle cittadine, in Italia come all’estero. Dunque, un presidio di solidarietà che non può e non deve essere cancellato.
L’atteggiamento del governo va, invece, in tutt’altra direzione. Sembra dire ai cittadini e alle cittadine “cavatevela da soli”. Ci sono tanti consulenti privati pronti, dietro lauti compensi, a prendere il posto dei Patronati. Tutto questo a scapito della qualità dei servizi e della certezza dei diritti.
La Camera dei deputati deve dare un segnale forte al Paese cancellando la norma che prevede una riduzione pesante, seppur già ridotta al Senato, di 28 milioni di euro e un intervento strutturale sull’aliquota che alimenta il fondo patronati. Noi ribadiamo con forza che quei contributi destinati ai patronati non sono dello Stato, ma dei lavoratori e delle lavoratrici che continueranno a pagare sulle loro buste paga gli stessi oneri di prima, ma con uno svantaggio in più, perché saranno privati della possibilità di potersi rivolgere ai Patronati per espletare gratuitamente le procedure di riconoscimento di prestazioni previdenziali e socio assistenziali. Quelle somme, che saranno sottratte ai Patronati, perciò, saranno incamerate dal Bilancio dello Stato per altri scopi e non saranno restituite ai cittadini e alle cittadine.
Si tratta di un intervento a gamba tesa inaccettabile, soprattutto in ragione del fatto che non c’è equità se uno Stato decide di privare la propria gente di un presidio di welfare solidaristico e universale, così indispensabile, e di favorire, nel nome della semplificazione, l’apertura di un mercato privato dei diritti. La riforma dei Patronati, tanto invocata dal ministro del lavoro Giuliano Poletti, non è una buona risposta alla domanda di riorganizzazione e valorizzazione dell’attività di tutela individuale, cui dice di essersi ispirato emanando i decreti attuativi, ma un assemblaggio di propositi pasticciati, per i quali non ci è dato sapere neppure quali siano le modalità di applicazione, tanto meno quali saranno le ricadute economiche in capo ai Patronati e agli stessi cittadini, ai quali viene chiesto di pagarsi i servizi per accedere alle prestazioni previdenziali e socio assistenziali, cui hanno diritto per legge.