Il 25 settembre 1993 ci lasciava Manlio Scopigno

Il 25 settembre 1993 ci lasciava, a soli 68 anni di età, Manlio Scopigno, il ‘filosofo’ del calcio italiano. Nato a Paularo nell’udinese nel 1925, Manlio era giunto giovanissimo a Rieti con la famiglia al seguito del papà, guardia forestale. Una Rieti, quella di allora, che già masticava molto di calcio, sebbene non ad alti livelli. E Manlio fu notato da Peppe Stocco, Gigi Bergamini, Egildo Montagner e da Florido Floridi, e avviato al Fassini per i primi calci seri. Rivelatosi nella Tricolore Rieti che disputò i tornei regionali anche con le squadre degli alleati, Scopigno entrò in pianta stabile nella costituenda Vaccarezza Rieti: giocò in maglia amarantoceleste la Serie C 1945 46 poi le due stagioni di B fino al 1948.

La sua classe limpida di terzino destro non passò inosservata e fu ingaggiato dalla Salernitana (tre campionati in, fino ad approdare al Napoli, ma un gravissimo infortunio al ginocchio (allora pressoché irreparabile) gli impedì nel 1952 di proseguire una carriera avviata a ottime prospettive, nonostante una timida conclusione a Catanzaro. Manlio cominciò, quindi, l’altra carriera di allenatore ma a Rieti non fu molto fortunato. Al Lanerossi Vicenza si impose, invece, come tecnico moderno, nonostante la stagionaccia a Bologna. Poi, finalmente, Cagliari. Il suo capolavoro, costruito con pazienza e spirito quasi disincantato. Lo scudetto storico del 1969 – 1970 ne fece un tecnico di prim’ordine alla guida di una formazione indimenticata: Albertosi Martiradonna Mancin Cera Niccolai Tomasini Domenghini Nenè Gori Greatti Riva, ma anche Zignoli, Poli e Brugnera. Lascerà Cagliari nel 1973 per passare alla Roma ma non resse le pressioni del tifo giallorosso e mollò alla sesta giornata. L’ultimo atto, il ritorno a Vicenza finchè una malattia improvvisa gli impedì di proseguire la sua carriera.

A lui Rieti volle intitolare lo stadio Centro d’Italia (mentre al fratello Loris la sala stampa dello stesso impianto). Quel 25 settembre 1993 Manlio Scopigno se ne andò in punta di piedi, come era suo solito, lasciando, però, un ricordo indelebile nella storia del calcio italiano del XX secolo.

Fabrizio Tomassoni