Di Memoria e di Festa doveva essere il 25 aprile di Contigliano e così è stato, e con una partecipazione di pubblico straripante che solo la pioggia ha in parte ricacciato, perché la vecchia Scuola di Collebaccaro era davvero troppo piccola per accogliere tutti.
Ma per chi è riuscito a seguire l’incontro organizzato dalla Banda Musicale Romagnoli di Contigliano e dalla Pro Collebaccaro é stato un pomeriggio di emozioni forti, grazie agli interventi di Roberto Lorenzetti, Daniele Scopigno e Daniele Sorgi e ai brani musicali che ne hanno sottolineato i racconti. Racconti con dati inediti, come quelli forniti da Lorenzetti, a lungo direttore dell’Archivio di Stato di Rieti: “La provincia di Rieti con le sue 214 vittime civili falcidiate dalle truppe tedesche in 38 diverse stragi é stata la provincia del centro Italia che ha pagato il tributo più alto per l’occupazione nazifascista, che qui si ebbe dopo l’8 settembre e fino al 13 giugno del 1944.
Il momento più tragico fu senz’altro quello della settimana santa del 44 culminato a Leonessa con l’operazione Osterrei, Uovo di Pasqua – ha ricordato Lorenzetti – ma anche quello che accadde l’11 giugno del 44, fu spaventoso: ai 4 poveri martiri di San Lorenzo di Contigliano vanno aggiunti i 3 morti di Cerchiara e Morini, gli altri 3 morti di San Sebastiano a Monte San Giovanni, i 5 morti di Sant’Elia, i 3 morti di Poggio Fidoni e i 3 morti di Pendenza di Cittaducale.
E tutto questo lo sappiamo non da fonte partigiana, giacché in montagna non c’erano apparati burocratici, ma da fonti militari tedesche e da quelle fasciste italiane”. Fonti e archivi che hanno consentito di ricostruire i fatti delle Fosse reatine, di cui ha parlato Scopigno, direttore dell’Archivio di Stato di Terni: “Le carte del carcere di Santa Scolastica ci hanno riconsegnato l’ultima traccia in vita di quelle persone: le impronte digitali del più giovane di loro Pellegrini Cislaghi, il nome di Segoni, contiglianese, uno delle 13 vittime riconosciute su 15.
E quella edizione escogitata per sancirne l’uscita dal carcere la notte di Pasqua del ‘44: rimesso in libertà. In realtà li portarono all’aeroporto di Rieti, li fecero scendere in una delle fosse scavate dalle bombe e lì li mitragliarono”.
Non meno denso di commozione il racconto di Sorgi sui fatti di Collebaccaro tratto dalle testimonianze raccolte 20 anni fa tra i vecchi del paese che ne furono testimoni diretti: “La figura che spicca é senz’altro quella dì don Gaetano Villa, che mediò con i tedeschi, che si offrì al posto dei parrocchiani al momento della rappresaglia, che ricompose e seppellì i cadaveri scempiati e che infine annotò tutto quello che era accaduto nel diario della parrocchia”. Il resto lo ha fatto lui stesso, girando un documentario di 2 ore e mezza e ricordando l’ultima vittima che l’occupazione fece a molti anni di distanza, Luigi Munzi, 11 anni, straziato dall’ordigno scambiato per giocattolo trovato nel ponticello alle porte di Collebaccaro il primo maggio 1950.
Occhi lucidi tra la gente ed emozioni un po’ stemperate dalla musica: tra i brani eseguiti dalla Banda Musicale “I ribelli della montagna”, “Buongiorno principessa” di Piovani e naturalmente “Bella ciao”. Ma il bis chiesto a gran voce è stato per “E io ero Sandokan” di Trovajoli, dal film “C’eravamo tanto amati” arrangiato per Banda dal giovane percussionista Giuliano Valeriani. Applausi per lui e per la Banda, che insieme alla Pro Collebaccaro ha organizzato l’iniziativa, conclusa a Casa festa con un altro bel momento di convivialità offerto alla tanta gente presente. E alla domanda che la conduttrice Sabrina Vecchi ha posto al maestro Mauro Valeriani sul perché celebrare il 25 aprile la risposta é venuta da sé: “Perché sì”.