“Ricordare viene dal latino re-cordis, ‘ripassare dalle parti del cuore’. Senza il ricordo svanisce la nostra anima profonda, la nostra identità. Questo 10 febbraio, il Giorno del Ricordo cade nel cinquantesimo anniversario del Trattato di Osimo, che segna la fine delle speranze dei nostri connazionali di poter far ritorno nelle loro terre d’Istria, Venezia Giulia e Dalmazia. Un colpo al cuore. A ventun anni dall’istituzione della doverosa Legge del Ricordo dobbiamo fare un passo indietro per capire davvero “cosa ricordiamo”: nel 1943, dopo l’Armistizio, e poi ancora tra il maggio e il giugno del 1945, migliaia di italiani del confine orientale, presenti in quelle terre da secoli, furono perseguitati dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o giustiziati sommariamente. Fu l’inizio di una pulizia etnica che durò anni. Per calcoli geopolitici internazionali si preferì tacere. Nel dicembre del 1945, infatti, Alcide De Gasperi presentò agli Alleati “una lista di nomi di 2.500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia” ed indicò “in almeno 7.500 il numero degli scomparsi. In realtà, il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito nel periodo tra il 1943 e il 1947 è di almeno 10.000; quelli costretti a lasciare le loro case circa 350.000. Inizia il doloroso esodo e la vita nei campi profughi. Solo dagli anni ’90 del secolo scorso è iniziato a crollare il muro del cosiddetto “lungo silenzio”.
Le Istituzioni sono le prime ad aver il dovere del ricordo. Sono estremamente fiero del progetto della Regione Lazio con il MIC per la nascita del Museo del Ricordo a Roma, sancito da una legge dello Stato. Roma e tutto il Lazio, così, si fanno custodi e promotori di una memoria collettiva nazionale. Solo la nostra regione, infatti, accolse e accoglie tutt’oggi decine di migliaia di esuli. La storia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata è una delle pagine strappate più tragiche del XX secolo. Oggi non resta che riconsegnarla alle generazioni future. Questo è il senso del nostro ricordare, “con il cuore”, affinché certi orrori non avvengano mai più».
Lo dichiara il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca.