Il nuovo modello organizzativo del Centro Salute Mentale tanto reclamizzato dalla Direzione Aziendale della USL Rieti e da quella del Dipartimento Salute Mentale, continua a mostrare macroscopiche disfunzioni che purtroppo trovano negli indifesi utenti della psichiatria le incolpevoli vittime sacrificali di un processo riorganizzatorio attuato probabilmente a causa del forte condizionamento esercitato da parte di soggetti animati da pregiudizi, portatori di interessi particolari e incuranti delle conseguenze che ne sarebbero scaturite.
Del resto i risultati negativi che tale nuovo assetto avrebbe prodotto erano facilmente preventivati proprio perché fondato su pretestuose argomentazioni. Infatti l’attuale organizzazione nasce dallo spunto motivazionale di una rappresentazione artefatta della realtà, come la personalissima lettura dei dati di ricovero presso il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura e la difforme interpretazione, al limite della mistificazione, dei dati degli interventi in urgenza effettuati presso il CSM. Basandosi su erronee valutazioni era del tutto evidente, quindi, che il riassetto del CSM avrebbe generato le negatività e criticità che tutti, pazienti, loro familiari ed operatori, quotidianamente sperimentano sulla propria pelle.
Se si fosse affrontata la tematica con spirito libero, scevro da condizionamenti e senza la strenua difesa di una posizione da sostenere a tutti i costi, ignorando sistematicamente tutte le motivazioni scaturite da dati oggettivi, ora non staremmo a recriminare su un assetto organizzativo peggiorativo di una situazione che certamente andava rivista, ma in uno spirito che migliorasse l’organizzazione a totale vantaggio dell’utenza. La nuova impostazione del CSM invece sembrerebbe nei fatti essere stata connotata ad utilità di una piccola, ma probabilmente importante, categoria professionale che evidentemente pensa che i pazienti siano funzionali ai propri interessi e non viceversa.
Il risultato è che il CSM di Rieti sta abbandonando la propria funzione precipua.
Sul versante dei lavoratori è forte ed evidente il disagio: il protocollo delle emergenze è sistematicamente disatteso; vi è un rimpallo di competenze tra le varie strutture afferenti al DSM con disposizioni verbali ed estemporanee in contrasto con detto protocollo delle urgenze; è assente la tanto sbandierata programmazione di interventi finalizzata alla prevenzione che nelle aspettative doveva portare alla riduzione dei ricoveri presso la struttura ospedaliera; il lavoro in equipe è solo una chimera; sovente nel turno pomeridiano non è presente il medico; soltanto recentemente si è provveduto ad esporre il prospetto dei turni della pronta disponibilità medica.
In tutta questa caotica situazione il disagiato psichico, soggetto debole in una triste realtà, si ritrova in mille difficoltà: non riceve quei servizi a cui era abituato; si assiste ad un andirivieni di pazienti che non riescono a rivolgersi ad altra struttura che non sia il CSM, che peraltro non può più dare quel tipo di assistenza; è stigmatizzato quando a farsene carico sono le strutture dell’ARES 118 o le forze dell’ordine, peraltro assai riluttanti ad intervenire in assenza di personale del CSM.
Riteniamo necessario, ancor prima della verifica complessiva della riorganizzazione prevista per il prossimo mese di Settembre, un tempestivo intervento dell’ Amministrazione ASL almeno per le questioni relative alla corretta applicazione del protocollo sulle emergenze, soprattutto per evitare il verificarsi di spiacevoli accadimenti con risvolti medico legali.