Alla presentazione del Rapporto Ecomafia 2019 di Legambiente, oggi a Roma si sono affrontati i caldi temi relativi ai reati ambientali e presentati i numeri di infrazioni, reati, arresti, sequestri, nel ciclo illegale dei rifiuti, abusivismo edilizio, incendi dolosi e corruzione in materia ambientale. Calo del numero netto di infrazioni nella Regione, erano state 2.684 nel 2017 e 2.241 nel 2016, ma il Lazio, con 2.062 infrazioni appurate nel 2018, rimane stabilmente quella con il numero più alto di illeciti ambientali, il 7,7% sul totale nazionale, dopo le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa.
Il ciclo dei rifiuti continua a segnare il maggior numero di reati tra gli altri reati nel Lazio, sesta tra le regioni per reati accertati con 545 infrazioni accertate, 704 denunce, 15 arresti e 242 sequestri. E proprio sui rifiuti medaglia di bronzo, di quelle che non si vorrebbe ricevere, va alla Città Metropolitana di Roma che è terza provincia nell’illegalità del ciclo dei rifiuti con 201 infrazioni accertate (3,8% sul totale nazionale), 177 denunce, 7 arresti e 96 sequestri.
“Il Lazio ancora in posizioni pessime e tra le Regioni con più reati ambientali, – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – a fare da traino al numero dei reati complessivi è la vergognosa situazione dei rifiuti romani che porta la provincia di Roma ad essere la terza peggior provincia italiana per reati legati al ciclo dei rifiuti: il Campidoglio, con una gestione vergognosa dei rifiuti negli ultimi anni, non solo contribuisce a rendere la capitale indecente per condizioni ambientali e sanitarie, ma spiana la strada, anno dopo anno, a reati come abbandono, roghi e smaltimento illecito dei rifiuti. Riempirsi la bocca di legalità senza fare assolutamente nulla per costruire un ciclo legale e virtuoso dell’economia circolare, spiana solo la strada al disastro che sta facendo il giro del mondo e all’illegalità”.
Con la provincia di Latina che si posiziona al 10° posto assoluto, con 113 infrazioni accertate, 120 denunce e 65 sequestri, il Lazio conta ben due province nei primi dieci posti della classifica provinciale sul ciclo illegale dei rifiuti.
Alle due province di Roma e Latina seguono: quella di Frosinone con 60 infrazioni, 152 denunce e 25 sequestri; quella di Viterbo con 51 infrazioni, 50 denunce e 21 sequestri e, infine, quella di Rieti con 30 infrazioni, 29 denunce, 2 arresti e 12 sequestri. Nota positiva è il calo del numero di arresti operato dalle forze dell’ordine che è pari a zero nelle tre province di Latina, Frosinone e Viterbo e il netto calo delle infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti nella provincia di Frosinone che passa da 167 infrazioni nel 2017 alle 60 del 2018 non rientrando, pertanto, nei primi 10 posti della classifica provinciale dove, lo scorso anno, occupava il 5° posto.
Se lo scorso anno i reati legati al ciclo del cemento erano in netto calo rispetto agli anni precedenti (“solamente” 347 infrazioni accertate rispetto alle 375 del 2016 a alle 514 del 2015) lo stesso non può dirsi per i dati relativi al 2018. L’abusivismo edilizio, infatti, torna a crescere in maniera esponenziale arrivando a toccare gli stessi numeri di tre anni fa, forse perché, per la prima volta, rientrano nel conteggio anche le infrazioni verbalizzate dal Comando carabinieri per la tutela del lavoro in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato. Il Lazio, dunque, occupa il 4° posto nella classifica regionale contando 514 infrazioni (7,8% su totale nazionale), 625 denunce, 7 arresti e 162 sequestri mentre la peggior provincia è Roma che al 6° posto nella graduatoria provinciale con 199 infrazioni accertate.
La provincia di Latina, che nel 2017 occupava il 6° posto nella classifica provinciale vede, anche quest’anno, un netto calo dei reati sull’abusivismo edilizio con 122 infrazioni accertate (erano 144 nel 2017), 152 denunce, 1 arresto e 43 sequestri; segue la provincia di Frosinone con con 69 infrazioni, 66 denunce e 11 sequestri; quella di Viterbo con 63 infrazioni, 81 denunce e 7 sequestri; e quella di Rieti con 52 infrazioni, 71 denunce, 6 arresti e 5 sequestri. Una nota positiva nella nostra regione si riscontra sul fronte degli incendi in quanto continua il trend positivo di calo degli stessi. Infatti, se rispetto ai dati riferiti all’anno 2016, il Lazio occupava il 4° posto nella classifica regionale con 436 infrazioni accertate, già l’anno successivo scendeva al 6° posto fino ad arrivare, nei dati del rapporto presentato oggi, ad occupare l’ottavo posto con 105 infrazioni, 12 denunce, 1 arresto e 1 un sequestro.
La corruzione in materia ambientale Triste primato, anche quest’anno, per il Lazio che, nella classifica regionale sulla corruzione ambientale, si conferma al primo posto. Determinante nella commissione degli ecoreati, la corruzione, purtroppo, è ben radicata nel nostro territorio: infatti, se nella quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso si sono contate 43 inchieste, che fanno il 43% sul totale, è il Lazio la regione con il numero più alto (23), 137 denunce, 82 arresti e 2 sequestri, seguita da Sicilia, Lombardia, Calabria e Campania.
La corruzione in materia ambientale è in netta crescita se si guardano i dati raccolti da Legambiente a partire dal 2010, complice, forse, l’alto valore economico dei vari progetti che diventa terreno fertile per le infiltrazioni di organizzazioni criminali che, invece di battersi per l’interesse pubblico sostengono esclusivamente interessi privati a beneficio, quindi, del singolo e a discapito della collettività.
“Se lo scorso anno le tante piogge hanno aiutato a contrastare i reati di tipo incendiario, è nel ciclo del cemento che continua ad essere necessaria più vigilanza diretta da parte dei comuni – conclude Roberto Scacchi – Sia in provincia di Roma che in quella di Latina sulle altre, terremo alta l’attenzione su tutti gli illeciti da cemento illegale. L’abusivismo edilizio deve essere affrontato con molta durezza, perché con i mutamenti climatici ai quali assistiamo, ogni metro quadro di cemento al posto di aree naturali, aumenta i rischi idrogeologici, i fenomeni erosivi costieri, le possibilità di frane e alluvioni, con conseguenze drammatiche per l’ambiente e per la collettività. In questo senso va posta maggior tutela e attenzione a quanto avviene intorno alle acque interne, valorizzando sempre meglio i percorsi verso i Contratti di Fiume”.