La depressione, malattia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come prima causa di disabilità a livello mondiale, riguarda circa 3 milioni di italiani, di cui circa 1 milione di persone soffrono della forma più grave, la depressione maggiore.
Considerando solo il Lazio, dai dati Istat si stima che circa 112.000 laziali soffrano di depressione maggiore, di cui circa 11.000 non rispondono ai trattamenti, secondo la rielaborazione su base regionale dei dati dello studio epidemiologico italiano Dory, volto a identificare, attraverso un’analisi di database amministrativi, i pazienti affetti da depressione resistente.
“In generale, la depressione riguarda in misura maggiore le donne e i disoccupati. Guardando i dati per genere, il tasso di depressione femminile è quasi doppio rispetto a quello maschile (9,1% contro 4,8%). Una malattia quindi in aumento che va adeguatamente considerata”, spiega Roberta Di Turi, Commissione Regionale Farmaci della Regione Lazio. “Dai dati OsMed emerge peraltro che tra i trattati è frequente riscontrare una bassa aderenza (40,1 % dei trattati) e bassa persistenza (a 96 giorni il 50% dei soggetti mediamente interrompe il trattamento). La mancata aderenza e persistenza rendono il trattamento inefficace con gravi ripercussioni sulla qualità della vita dei pazienti stessi e dei loro familiari. Basti pensare alla depressione post-partum per immaginare le gravi conseguenze che possano derivarne. Occorre quindi porre in campo tutte le iniziative possibili per ovviare al problema sia di tipo sociale-culturale che clinico-farmacologico”.
In tale contesto, Istituzioni e rappresentati locali a livello medico, assistenziale e sociale si sono incontrati a Roma al Campidoglio per confrontarsi su come affrontare più efficacemente la malattia, superare lo stigma associato alla depressione, facilitare l’accesso alla diagnosi e alle cure più appropriate. Questa rappresenta una delle otto tavole rotonde organizzate da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, che fanno parte del percorso di sensibilizzazione “Uscire dall’ombra della depressione”, patrocinata dalla Regione, dalle società scientifiche SIP – Società Italiana di Psichiatria e SINPF – Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, di Cittadinanzattiva e Progetto Itaca, e grazie al contributo incondizionato di Janssen Italia.
“La moderna ricerca clinica sottolinea che in generale circa la metà dei pazienti va incontro a problemi di resistenza al trattamento, con conseguente rischio di cronicizzazione”, afferma Alberto Siracusano, professore ordinario, U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica, Policlinico Tor Vergata, Roma. “I modelli psicopatologici e neurobiologici più aggiornati evidenziano l’emergere di nuove forme depressive, da quelle di genere a quelle in età evolutiva. La depressione è un quadro multidimensionale e complesso, esistono almeno un centinaio di predittori di esito-markers neurobiologici e diversi livelli multi-staging di decorso e trattamento. Pertanto, è necessario implementare le risorse destinate alla ricerca clinica sulla Depressione. Da non sottovalutare anche il costo sociale della Depressione che è in crescente aumento sia in termini di ore lavorative perse, oltre 4 miliardi di euro l’anno, che in termini di spesa sanitaria per ciascun paziente, oltre 4.062 euro l’anno per ciascun paziente”.
Questo disturbo psichiatrico, infatti, ha un forte impatto sulla qualità della vita e sui costi sanitari e sociali, che risultano molto elevati. “I costi diretti non sono l’unico tassello da tenere in considerazione se si vuole cogliere appieno il peso economico e sociale di questa patologia. I costi indiretti (sociali e previdenziali) la fanno da padrone rappresentando il 70% del totale dei costi della malattia”, dice Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Direttore del EEHTA del CEIS dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. “Basti pensare ai costi previdenziali legati all’elevato numero di giorni di assenza dal lavoro causato dalla depressione maggiore, alla perdita di produttività legata al presenteismo”.
Anche il costo legato agli assegni ordinari di invalidità e alle pensioni di inabilità, che si aggira intorno ai 106 milioni di euro, pari a 9.500 euro annui a beneficiario, rientra tra quelli indiretti legati alla malattia. Nel Lazio, secondo un’analisi dell’EEHTA del CEIS (Economic Evaluation and HTA CEIS) basata su dati del 2015, tali prestazioni di invalidità previdenziale vengono concesse a 2,1 persone con depressione maggiore ogni 100.000 abitanti. Analizzando la situazione per provincia, a Viterbo sono state accolte 3,1 domande di invalidità previdenziale, a cui segue Roma con 2,1, Latina con 1,9, Frosinone con 1,4 e infine Rieti con 0,6 ogni 100.000 abitanti. “Questi dati testimoniano che stiamo parlando di una malattia fortemente invalidante, che impatta in maniera significativa sulla vita dei pazienti e della società, da molteplici punti di vista”, prosegue Mennini. “Gestire il paziente in una fase precoce della malattia consente non solo un miglioramento della sua qualità di vita, ma anche una riduzione dell’impatto dei costi per il sistema sanitario e sociale”.
“Questa serie di incontri rientra nel percorso intrapreso da Onda nel 2019 per accendere i riflettori sulla depressione”, commenta Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. “Ad aprile è stato presentato alla Camera dei deputati un Manifesto ‘Uscire dall’ombra della depressione’ che propone una call to action in dieci punti per la prevenzione mirata e un accesso tempestivo e facilitato ai percorsi di diagnosi e cura. Il nostro impegno si è poi spostato a livello territoriale con l’organizzazione di otto tavole rotonde regionali. Arrivate nel Lazio, dopo essere partite dalla Campania, faranno tappa in Piemonte, Veneto, Lombardia, Sicilia, Emilia-Romagna e Puglia. L’obiettivo che ci proponiamo è declinare i dieci punti del Manifesto a livello regionale, facilitare la costituzione di gruppi inter consigliari, superare lo stigma nei confronti di questa patologia e migliorare l’accesso alle cure, a beneficio della qualità di vita dei pazienti che soffrono di depressione”.
“Janssen è impegnata da oltre 60 anni nel campo della salute mentale. In questi decenni, abbiamo sviluppato ben 2 molecole ritenute fondamentali dall’OMS per il trattamento della schizofrenia e abbiamo lavorato sul fronte della ricerca e sviluppo per mettere a disposizione soluzioni farmacologiche sempre più innovative per molte patologie mentali tra cui la depressione” dichiara Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato di Janssen, che ha sostenuto l’iniziativa. “La nostra presenza qui oggi rappresenta il segnale concreto del nostro impegno nel supportare momenti di confronto costruttivo tra tutti gli attori coinvolti. Un impegno passato presente e futuro, accanto alle persone che soffrono di depressione e ai loro familiari”.
“La depressione risulta essere il disturbo mentale più diffuso: si stima che in Italia i soggetti che ne soffrono siano circa 3 milioni, le dimensioni di una metropoli come Roma. Nella regione Lazio i dati più recenti parlano di una malattia che complessivamente riguarda almeno 300.000 persone. A mio avviso” – conclude Giuseppe Simeone – presidente Commissione Sanità Regione Lazio, “diventa fondamentale mettere a punto interventi efficienti e sostenibili. Personalmente da tempo mi batto per un potenziamento della telemedicina nei servizi sanitari ospedalieri e territoriali, come pure credo nella necessità di accelerare i tempi per una rivoluzione della Sanità nell’ottica di un efficientamento dell’assistenza. Questo percorso va incontro all’obiettivo di razionalizzare i costi e al tempo stesso può consentire l’accesso alle cure al maggior numero di pazienti possibile. Per combattere la depressione occorre unire tecnologia e servizi territoriali, coinvolgendo i centri di Salute Mentale e i medici di medicina generale.
Basti pensare che in alcuni centri del nord Italia è stato somministrato un sistema di terapia cognitivo comportamentale accessibile da computer. In particolare, i medici di medicina generale sono rimasti in contatto attraverso il sistema della teleconferenza con psichiatri e psicologi del servizio, per un continuo scambio di informazioni. Ecco, se questo sistema, verrà sviluppato e diffuso anche sul territorio della nostra regione, permetterà di intercettare un numero sempre maggiore di malati, arginando il diffondersi e l’aggravarsi di questa malattia”.