Quando un "caso" governato o NON governato dalla politica sorge all’attenzione della cittadinanza reatina, si osserva dapprima una breve attesa, più studio da ring che uno studio dei fatti; arrivano poi dichiarazioni ping pong tra Provincia e Comune, con magari associazioni collaterali inclusi Sindacati e associazioni di categoria a rilanciare la palla quando esce dal campo; seguono poi ordini del giorno ed interrogazioni incrociate, in Provincia ed in Comune, e tutto finisce lì.
Questo vale per tutti i "casi", ma quando la cosa riguarda le questioni (molte) che vengono "da fuori" o che hanno una rilevanza tale da poter essere risolta solo ad un livello più alto, vengono in evidenza la permeabilità del nostro territorio ed il localismo provinciale della nostra politica, la quale nemmeno prova a portare i problemi all’attenzione dei luoghi dove si generano o possono essere risolti.
Eppure i partiti locali sono delle dirette emanazioni (spesso anche eterodirette) di apparati regionali o nazionali, e si immagina dovrebbero avere questo ruolo di trasmissione delle istanze dal centro alla periferia e viceversa; invece no.
Noi radicali, invece, forse proprio perché siamo organizzati su spontanee e libere associazioni cooperanti con il centro, ma non ad esso sottomesse, crediamo molto nella trasmissione dalla periferia ai nostri riferimenti istituzionali; questo è il senso di interrogazioni e mozioni (regionali e nazionali) sul Polo della Logistica, sulle infiltrazioni mafiose nelle grandi opere, sul rischio della gestione dighe, sulla protezione della piana dal Fotovoltaico selvaggio.
E’ in questo quadro che, d’intesa con Sabina Radicale, i consiglieri regionali Berardo e Rossodivita hanno presentato una interrogazione avente come oggetto il "progetto di edificazione di una clinica per la cura e lo studio delle malattie mentali su 100 ettari di terreni agricoli della Piana Reatina": tema che, scoperchiato da una inchiesta del Messaggero, suscitò (dopo un po’ di giorni di studio pugilistico) un bel pò di reazioni, non solo sul fatto specifico, ma soprattutto su ciò che esso significasse o nascondesse. Reazioni cui nulla seguì, se non la accettazione della proposta da parte dell’Università di Perugia, l’unica di cui si sa perché pubblica.
E’ questo un caso che viene dagli ambienti degli affari romani ed è sintomo di come da lì la nostra provincia venga vista ed appetita. E se pure la pratica sia stata "rallentata" da alcune reazioni che suscitò, riteniamo che essa vada tenuta all’attenzione sia nostra locale che della Regione; Regione in cui proprio la commissione Ambiente, ricordiamo, è presieduta da un costruttore UDC (Carlino) fratello del costruttore proponente ed in cui si sta apparecchiando per gli appetiti immobiliari il piano casa presentato dall’UDC Ciocchetti, vicepresidente della Regione ed assessore con delega ad Urbanistica e Territorio.