Alla faccia della “riorganizzazione del CSM”, che qualche anno fa è stata attuata allo scopo di “incrementare l’attività sul territorio” (di fatto producendo esclusivamente la soppressione del servizio H24), le politiche attuate dalla precedente ed attuale direzione aziendale hanno prodotto quello che efficacemente si può definire “la deriva ambulatoriale” del servizio.
Di una maggiore operatività sul territorio neanche l’ombra, anzi dell’implementazione delle equipe multidisciplinari nessuna traccia.
Di converso la regressione dei servizi psichiatrici ha provocato la congestione del reparto ospedaliero di Diagnosi e cura, la ripetizione dei ricoveri che si potrebbero evitare con una efficace attività ambulatoriale, nonché un aumento, a quanto ci risulta, pari a diverse centinaia di migliaia di euro, dei costi derivanti dal ricovero di pazienti reatini in strutture private anche fuori regione.
Sorda alle lamentele sindacali, la direzione, quella attuale come quella passata, non ha avuto alcuna remora a comprimere gli organici di importanti servizi quali quello del CSM e delle residenze psichiatriche, con un netto peggioramento delle condizioni di lavoro degli operatori e dell’assistenza prestata.
Ma la deriva del servizio psichiatrico parrebbe non finire qui.
Sembrerebbe infatti che sia intenzione, od opinione conclamata da parte della dirigenza del servizio, che, superata una certa età, l’utente psichiatrico si trasformi per magia in utente geriatrico, PERDENDO QUINDI IL DIRITTO ALL’ASSISTENZA SANITARIA PSICHIATRICA, se facciamo riferimento agli utenti attualmente ricoverati nelle strutture residenziali aziendali. Questi diventano per magia utenti che necessitano di una assistenza di tipo sociale, e non sanitario, ASSISTENZA A CARICO (FINANZIARIAMENTE PARLANDO) DEGLI UTENTI STESSI E DELLE LORO FAMIGLIE.
Come si possa solo immaginare un percorso di questo genere ci è di difficile comprensione.
Possiamo più agevolmente immaginare che quanto si sta delineando intorno all’assistenza psichiatrica faccia parte di un orientamento teso ad esternalizzare anche in questo caso i servizi (magari con un aumento di costi ma rispettando il DICTAT regionale relativo alla diminuzione delle spese per il personale), di cui a fare le spese maggiori saranno i lavoratori interinali dell’azienda..
E dire che recentemente gli addetti al servizio residenziale psichiatrico sono stato classificati a rischio di lavoro stress correlato, magari prefigurando una loro mobilità in altri reparti propedeutica magari allo smantellamento del servizio .
Ci permettiamo di dire che se stress c’è da parte degli operatori deriva da circostanze relative a come il servizio è stato condotto in questi anni, con l’incapacità di elaborare progetti terapeuti per esempio rispetti agli utenti del centro residenziale “i girasoli”, dove a presenza dello psichiatra, del terapista della riabilitazione e dell’assistente sociale è stata per anni meno che episodica.
Operatori del comparto lasciati a se stessi, con problemi di sicurezza, di responsabilità ed alle prese quotidianamente con il problema endemico della carenza di personale e di figure necessarie quali gli OSS.
Non assisteremo inerti allo sfacelo dei servizi sanitari e meno che mai alla “dismissione” del servizio psichiatrico, servizio che per la delicatezza che gli è propria e per l’estrema fragilità degli utenti (peraltro indifesi) è sinonimo di civiltà di una collettività.
Una Amministrazione con la A maiuscola dovrebbe interrogarsi quindi sulle responsabilità dirigenziali del degrado del servizio e agire di conseguenza, invece di perseguire obiettivi di difficile comprensione, di sicuro più costosi e meno qualitativamente parlando adeguati .
Nota di: Cgil, Cisl FP, Uil FPL. Fials.