Giunta a logica conclusione la querelle che mi ha visto protagonista in questi ultimi mesi, ritengo però necessario chiarire alcuni aspetti, sentendo la necessità di spiegare situazioni e avvenimenti che hanno dato adito a interpretazioni non sempre esatte, almeno dal mio punto di vista.
Tengo a precisare innanzitutto che il mio scontro con il sindaco e, come i fatti mi hanno dimostrato, con il resto della giunta, non ha mai avuto una dimensione di ordine personale, almeno per ciò che mi riguarda.
Ho posto, dapprima all’interno della giunta e, in un secondo momento, vista l’inutilità, all’esterno delle questioni essenzialmente politiche, concernenti la gestione amministrativa dell’ente in una fase di grande difficoltà economica e sociale. Affrontare una crisi della dimensione di quella che stiamo vivendo, impone la capacità di saper scegliere, di individuare strade e percorsi che permettano da una parte di contenere gli effetti devastanti sul piano sociale, ma anche di prospettare una speranza di rilancio, di creare le condizioni di una nuova stagione.
Pochi giorni fa il sindaco di Viterbo, realtà molto simile alla nostra, nell’annunciare il reperimento attraverso la Regione Lazio dei finanziamenti necessari al pareggio di bilancio, comunicava altresì che il Comune avrebbe investito oltre 40 milioni di euro in lavori pubblici nell’immediato futuro e che prevedeva investimenti per oltre 60 milioni nel prossimo anno. Il Comune di Rieti è da tre anni che di fatto non appalta lavori pubblici, se si escludono interventi derubricabili a straordinaria manutenzione, e quando lo ha fatto, vedi contratto di quartiere, si è impantanato in un contenzioso dai tempi imperscrutabili. Bloccare i lavori pubblici, differire sine die i pagamenti alle ditte attraverso una serie di artifici contabili, significa aggiungere un ulteriore colpo mortale ad un’economia del territorio già estremamente fragile, con la conseguenza immediata di provocare un ulteriore contrazione di un mercato del lavoro, creando un cortocircuito fatale.
L’amministrazione del Comune di Rieti ha scelto, diversamente da quella di Viterbo, di gonfiare in modo ipertrofico la spesa sociale, trasformando l’ente in un grande ammortizzatore sociale permanente, scegliendo una strada altrettanto legittima, ma che, a mio parere ovviamente, lo espone ad alcune criticità estremamente pericolose: la più evidente è l’estrema difficoltà di reperire i fondi per questo scopo, a fronte di una politica nazionale e regionale tendente alla contrazione della spesa sociale, soprattutto di natura assistenziale, e venendo a mancare fondi esogeni, si crea una rigidità del bilancio che impone il taglio di qualsiasi spesa d’investimento, destinando di fatto tutte le risorse a due capitoli: Personale e Servizi sociali. È evidente che un percorso di questo genere ha il fiato corto, poiché, provocando ulteriore recessione, la spesa sociale tenderà ad aumentare, mentre diminuiranno proporzionalmente le entrate, spingendo l’amministrazione a un default troppo facilmente prevedibile. Di fatto si sceglie di investire unicamente sul contingente senza nessuna prospettiva.
Personalmente credo che anche il modello di utilizzo dei fondi, messo in campo dai servizi sociali reatini, sia quantomeno anacronistico, se non del tutto errato: oggi il meccanismo funziona prevalentemente in termini di assistenza diretta da parte del Comune nei confronti degli utenti, assistenza in gran parte gestita in emergenza, senza programmazione o analisi dei reali bisogni; di fatto l’amministrazione a fronte delle difficoltà finanziarie dei cittadini risponde pagando bollette, affitti, buoni spesa.. In questo modo ovviamente l’entità dell’impegno non è prevedibile, ma palesemente ha una tendenza a crescere senza termine, poiché sempre più famiglie entrano nel vortice della povertà, mentre difficilmente qualcuno degli assistiti torna ad integrarsi attraverso un lavoro; una crescita costante della spesa, assolutamente priva di freno, e a breve di copertura economica. L’attuale sistema non prevede, infatti, percorsi di reinserimento, di accompagnamento finalizzati a far diventare la condizione di assistito una condizione temporanea: ci sono donne ed uomini che da oltre dieci anni vivono di assistenza pubblica e il loro numero continua a crescere in modo costante.
Quale prospettiva oggi può presentare il Comune di Rieti alle oltre 80 borse lavoro? Quella di sperare che il bilancio comunale continui a reggere, avendo ben chiaro che il tempo del loro destino si avvicina ogni giorno di più. Ancora: da oltre dieci anni la politica, a destra e a sinistra, si interroga su un modello nuovo di gestione dei servizi sociali, di fatto concordando tutti che l’ente pubblico ha il compito di erogare i servizi ma non di gestirli, e praticamente tutte le amministrazioni hanno messo in campo provvedimenti tendenti a coinvolgere in modo diretto il terzo settore nella gestione, creando economie, competizione e miglioramento del servizio. Solo a Rieti tutto questo sembra fantascienza, e laddove si è proceduto all’esternalizzazione, si veda il rapporto con la cooperativa “Quadrifoglio”, lo si è di fatto trasformato in contratti di prestazione d’opera, privi di controllo, con una crescita della spesa esponenziale alla quale non ha di certo fatto seguito un miglioramento qualitativo del servizio.
A pochi chilometri da noi, nel Comune di Terni, gli stessi servizi vengono svolti a favore di una popolazione più numerosa, con una spesa inferiore alla nostra. Qualche domanda forse ce la dovremmo porre, credo. Questi sono alcuni dei motivi che mi portano a ritenere che la politica attualmente messa in campo nei servizi sociali sia errata, non in linea con la cultura del centrodestra, priva di una prospettiva sul lungo termine; è evidente che la mia è un’opinione politica, che nulla ha di personale con l’attuale assessore, con il quale non ho motivi di rancore personale, ma del quale contesto le scelte amministrative e non credo che per questo io possa essere tacciato di tradimento, né tantomeno di essermi spostato a sinistra, considerato che buona parte di quello ciò ho detto è facilmente reperibile nei documenti e nei manifesti politici del centrodestra da oltre venti anni.
Così come affermare che in questi anni è mancato all’amministrazione comunale un progetto complessivo di rilancio economico del territorio, troppo spesso derubricato a chiacchiere inutili, ma che di fatto ha provocato provvedimenti spot, privi di una strategia complessiva, destinando al fallimento idee buone, ma applicate male e/o in tempi sbagliati, si veda per tutte la questione ztl, trasformata in una disfida ideologica, alimentando lo scontro tra commercianti e residenti, giungendo infine alla farsesca decisione di chiudere il centro storico quando le macchine non ci sono, e abbandonando contemporaneamente qualsiasi controllo del territorio, con i risultati di degrado che sono sotto gli occhi di tutti. La ztl, che è uno strumento e non un dogma, non è mai stata inserita in un discorso strategico complessivo di rilancio dell’economia del centro storico, condividendo, residenti e commercianti un progetto comune capace di costruire una sintesi tra le diverse e legittime esigenze.
O meglio questo lavoro è stato fatto nella redazione del Plus, poco prima che mi venisse revocato l’incarico ed è stato anche riconosciuto dalle stesse categorie, provocando la reazione stizzita di chi si è sentito scavalcato, sentendo la necessità di rivendicare a sé un lavoro al quale mai ha mostrato il minimo interesse, definendolo il solito sogno irrealizzabile di fronte a testimoni.
Potrei continuare, e lo farò in altre sedi, ad elencare dove si è creato uno strappo politico e non personale, nella visione ammin
istrativa del Comune capoluogo, strappo fondato su un’idea del governo del territorio che trova il suo fondamento in una cultura di destra che ha sempre posto al centro il merito, la giustizia sociale, la partecipazione, la comunità, il coraggio di affrontare il futuro attraverso la capacità di assumersi la responsabilità delle decisioni e che ha visto nella religione laica dell’Etica pubblica il faro del proprio agire.
A chi oggi cerca di tacciarmi di tradimento, di cercare strade diverse, rispondo che il mio percorso è sempre stato coerente con i miei valori, mai, né ieri né oggi, ed ancor meno domani ho mai camminato su una strada diversa da quella delle mie idee. Credo però che i valori non vadano semplicemente declamati, ma trasformati in scelte e azioni concrete. Se la destra è arrivata al governo lo ha fatto avendo un destino chiaro: trasformare in fatti le parole di chi ci aveva preceduto. La fedeltà ad un’Idea non si manifesta indossando una maglietta, ma dandole un corpo e vivendola fino in fondo tutti i giorni. E questo continuerò a fare.