COOP RISPARMIO 76, CONSIGLIERE ANDREA SEBASTIANI: PERCHE' LA CHIUSURA VERSO COOP CENTRO ITALIA?

Andrea Sebastiani

Corrisponde al vero di un diretto interessamento di Coop Centro Italia per rilevare l’azienda Coop ’76?

Se vero, quale pregiudizio si celerebbe dietro la chiusura netta, da parte della vecchia dirigenza di Coop. Risparmio ’76 (peraltro, ancora alla guida del CdA, senza avere il coraggio di dimettersi dopo i danni perpetrati a risparmiatori e dipendenti) all’ingresso di un colosso dell’industria alimentare come Coop Centro Italia, gestore di 69 negozi, tra supermercati e ipermercati, distribuiti in sei province del centro  italia, e dietro l’ostinazione di cedere, invece, l’azienda con una parte dei dipendenti alla Cooperativa Evergreen, che, solo in occasione del subentro, inizierebbe a occuparsi di distribuzione in campo alimentare?

Quali le vere motivazioni che spingerebbero la Lega Coop, a non assumere una presa di posizione di fronte ai nuovi sviluppi che in queste ore interesserebbero decine di famiglie reatine?

Da neo eletto consigliere comunale ritengo doveroso rivolgere l’invito alla classe politica reatina e ai componenti del CdA di Coop Risparmio affinchè forniscano da subito risposte alla città.

Mi preme tuttavia fare alcune puntualizzazioni circa l’azzardata e temuta, a mio avviso, cessione d’azienda alla Coop Evergreen e mi permetto di farlo avendo seguito le vicende della Coop. Risparmio ’76 fin dal febbraio 2008.

La Cooperativa ha chiesto l’attivazione della procedura di messa in CIGS dei lavoratori occupati presso i vari punti vendita, causa un’importante contrazione delle vendite, che non permetteva più di onorare gli impegni assunti nei confronti dei fornitori e dei propri dipendenti. Ciò a causa di una cattiva gestione dell’attività imprenditoriale da parte del gruppo dirigente che, con la decisione di abbandonare il gruppo Conad e spostare il proprio baricentro verso Pam, ha determinato una contrazione delle vendite del 40% nell’ultimo biennio, a fronte di un fatturato, nei sei punti vendita, prima dell’attribuzione del marchio PAM, di ventiquattromilioni di euro.

La prospettata cessione aziendale si concretizzerebbe, secondo la proposta formulata dalla Coop. Evergreen, solo a fronte della rinuncia, da parte dei lavoratori, dell’ultima retribuzione e del Tfr, che – a questo punto – non saranno corrisposti né dalla cedente né dalla cessionaria.

Non solo, ma quella parte dei lavoratori che verrà riassunta dovrà accettare un nuovo inquadramento contrattuale, con mansioni, livello e qualifica diversi da quelli fino a oggi goduti, anche peggiorativi.

Ciò, in aperta violazione con la disciplina fondamentale stabilità dall’art.2112 c.c., la quale rappresenta un caposaldo della tutela del lavoratore, in ogni caso in cui si ha un cambio di “regia” nella gestione dell’azienda presso cui esso lavora. Norma di cui si è tanto parlato negli articoli apparsi sulla stampa locale negli ultimi giorni e che assicura al dipendente, in caso di trasferimento di azienda, il sacrosanto diritto a mantenere, presso il cessionario, lo stesso trattamento e inquadramento che aveva presso il cedente, nonché riconosce la solidarietà tra cedente e cessionario per tutti i crediti maturati dal lavoratore, nel periodo di lavoro prestato presso il primo.

Tale deroga – asserisce Evergreen con l’appoggio delle sigle sindacali – avverrebbe in applicazione dell’art.47 comma 5 della legge 29 dicembre 1990 n° 428.

Orbene, se è vero che tale norma consente la deroga all’art.2112 codice civile, è pur vero che detta deroga non può avvenire in modo indiscriminato e così “a cuor leggero” e – soprattutto – non è automatica, ma presuppone la sottoscrizione di specifiche convenzioni in tal senso..

In ogni caso, dietro la promessa della conservazione – ma solo parziale – dei livelli occupazionali preesistenti, i sindacati stanno perorando la bontà di un accordo che consisterebbe nel privare tutti gli ex dipendenti Coop 76 delle tutele fondamentali di legge e, soprattutto, della possibilità di soddisfare i propri crediti sull’unico patrimonio aziendale oggi esistente in capo a Coop 76 e che, dunque, oggi rappresentava unica garanzia di soddisfazione

Ma vi è di più: se  Evergreen vorrebbe salvaguardare i livelli occupazionali, quale garanzia di prosecuzione dell’attività può dare una società cooperativa appena costituita, priva – o quasi – di capitale e di mezzi strumentali, tanto da esser preferita dai vertici politici reatini a un colosso come Coop Centro Italia?

A questo punto mi chiedo: a chi gioverebbe questo stato di cose? Se non ai lavoratori, a chi?