Coldiretti Lazio: “Nei campi della nostra regione mancano 9.000 occupati”

Mancano 9 mila lavoratori nei campi del Lazio per garantire le attività di raccolta. “È necessario superare il click day, uno strumento che presenta anomalie e incertezze tali da non dare risposte alle esigenze del modo agricolo. E’ importante lavorare sulla formazione e sanare le posizioni irregolari degli stagionali, che hanno preso parte alle attività di raccolta, ma che non sono poi rientrati nei propri Paesi per evitare di perdere l’opportunità di essere impiegati ancora”. Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri, sul click day di oggi che ha fatto registrare un overbooking per i 110 mila “posti” previsti a livello nazionale, nonostante lo slittamento di orario per le difficoltà tecniche.

“Quello che chiediamo è una gestione diretta e monitorata dei flussi migratori – prosegue Granieri – oggi possibile proprio grazie al lavoro di concertazione fatto nei mesi scorsi con le modifiche al Decreto flussi. Dobbiamo completare il percorso avviato negli ultimi mesi per far incontrare realmente domanda e offerta, abbattendo la burocrazia, togliendo spazio al caporalato e rispondendo alle effettive esigenze delle imprese agricole”.

 Sono circa 45 mila gli operai agricoli dipendenti nel Lazio, stando ad un’analisi effettuata dalla federazione regionale di Coldiretti e oltre 26 mila lavoratori stranieri, pari al 58% della forza lavoro del settore. Dati che se ripartiti tra le province vedono Latina al primo posto con oltre 19.000 presenze di lavoratori agricoli dipendenti, seguita da Roma con 13 mila e Viterbo con 10 mila. Al quarto e quinto posto Frosinone con oltre 2.200 operai e Rieti con 1.700.

Degli stranieri impiegati in agricoltura nel Lazio a tempo determinato, oltre 6.400 unità sono rappresentati da operai comunitari, mentre oltre 17 mila unità da manodopera agricola extracomunitaria. Ad assorbire il maggior numero di lavoratori stranieri è il comparto zootecnico, con oltre 18 mila unità, prevalentemente di provenienza dall’India e dal Bangladesh. Quello orticolo, invece, è il secondo comparto per numero di occupati impiegati con oltre 2.500 stranieri, di cui 800 extracomunitari, provenienti principalmente dal Marocco. Il florovivaismo impiega meno di 2.400 persone provenienti prevalentemente dall’Albania, dal Marocco, dalla Polonia e dalla Romania. Maggiore richiesta di manodopera, tra le attività agricole, arriva dalle fasi di raccolta degli ortaggi e dei fiori recisi. Sono, invece, circa 1300 i lavoratori impiegati nell’agriturismo e nel turismo rurale di origini romene e indiane. Riguardo al paese di provenienza dei 26 mila lavoratori stranieri troviamo ai primi posti l’India, pari al 39%, seguita dalla Romania al 18,7%, dal Bangladesh pari al 3,5% e poi ancora Albania, Nigeria e Marocco. La concentrazione maggiore si registra a Latina e Roma.

“La formazione nei loro paesi d’origine – conclude Granieri – è importante per consentire alle imprese di avere addetti già formati e ai lavoratori di essere pienamente consapevoli circa il corretto uso dei mezzi di produzione, anche dal punto di vista della sicurezza”.

Coldiretti insieme a Filiera Italia, Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) e E4Impact, ha già messo in campo un progetto per la reperibilità di manodopera qualificata, partito da Egitto, Marocco e Costa d’Avorio. L’obiettivo è formare i lavoratori direttamente nei Paesi d’origine, superando l’idea che l’agricoltura abbia bisogno solo di braccianti, attraverso una formazione specialistica che punti a creare anche, ad esempio, piloti di droni o altre figure professionali capaci di padroneggiare gli strumenti di Agricoltura 4.0.