Non é un Natale felice e neanche sereno per la provincia di Rieti, é come se all’improvviso tutti i nodi irrisolti di questo territorio arrivassero insieme al pettine.
Chi di noi vive vicino agli operai, agli impiegati, ai disoccupati, a cassaintegrati, ai giovani lo sapeva da tempo, e da tempo abbiamo reso pubblico, dichiarato, manifestato quanto stava accadendo a Rieti.
Sono stati in tanti sordi muti e ciechi di fronte a quanto la Cgil con le proprie categorie andava denunciando.
Adesso la catastrofe sembra imminente.
Una area geografica fatta di 73 comuni, senza oramai più un ente intermedio di coordinamento, in un territorio vasto e scarsamente popolato, una area geografica ricca di risorse utilizzabili e impiegabili: acqua, aria, natura, con una popolazione operosa e abituata a sopportare, e tuttavia carnefice di se stessa, con un destino stretto dentro l’orizzonte angusto delle montagne che fanno da corona alla piana reatina.
Un’area geografica che sembra essere “territorio” solo per i propri difetti, coesa solo per quello che riguarda i propri vizi, indolente ma… sofferente.
Gente che sembra non essere abituata a parlare e a confrontarsi, ad agire collettivamente, gente che é più incline a caricarsi il somaro sulle spalle che a condividere la propria sorte.
Gente che sa godere sia del posto ottenuto dietro una scrivania che di chi viene licenziato perché non faceva un c…o. (ma chi avrebbe dovuto organizzarli, affinché fossero utili al prossimo, dove stava?)
Questo appare essere l’area geografica del reatino, e forse da questo Natale, quello che fino ad ora sembrava, sta prendendo forma e coscienza, diventando evidente anche a tutti quelli che non hanno fin qui voluto vedere.
Qui da noi negli ultimi tre, quattro anni sono stati bruciati centinaia di posti di lavoro, ed i tagli alla spesa pubblica stanno facendo il resto, … faranno il resto.
L’accordo di programma per Rieti firmato solo una decina di giorni fa con i suoi sedici milioni di euro sono una goccia di acqua nel deserto, sarebbero, ad esempio, a malapena sufficienti a coprire il costo dell’impiego di 320 persone per una anno.
Pensate semplicemente che i dipendenti di Risorse Sabine sono, solo loro, un centinaio, quelli del consorzio della bonifica una decina, le mobilità e le aspi che andranno a finire nel giro di un anno qualche centinaio, altrettanti quelli che hanno già perso il lavoro e sono senza ammortizzatori sociali, senza contare quelli che, giovani e meno giovani, non hanno più alcuna prospettiva. E pensare che tra gli imprenditori c’é anche chi ne sta approfittando, é il caso della società replas, condannata per comportamento antisindacale dal tribunale di Rieti, su ricorso della Cgil, a risarcire i lavoratori per danno biologico, avendo delocalizzato la propria attività.
Basta questo per capire che se questo territorio vuole continuare ad esistere ha bisogno di due condizioni: la prima é un sistema speciale e straordinario di sostegno ai redditi ed alla impiegabilità delle persone, la seconda é quello di un progetto di riconversione totale del proprio sistema produttivo partendo dalle ricchezze di cui dispone, rivendicandone il diritto a possederle o ad ottenere adeguati indennizzi per il loro sfruttamento, mettendo contemporaneamente e immediatamente mano ad uno straordinario processo di federazione delle amministrazioni locali e delle articolazioni periferiche dello Stato che superino la frammentazione che c’é, per poter concorrere con strumenti adeguati ad intercettare le opportunità che si apriranno con i fondi europei e la nuova programmazione regionale dei PSR.
In questo modo forse la politica reatina potrà tentare di sfuggire alla tagliola in atto e ricominciare a pensare, come é giusto che sia, al proprio ruolo in questo territorio ed a futuro della nostra gente.