Giorni di febbrili annunci, Berlusconi pronto a promettere mari e a fare i conti con Tre-monti, poi lo stop perchè non ci sono i soldi. Il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel corso della sua conferenza stampa di fine anno ha finalmente saltato il fosso, dicendo che è “arrivato il momento di guardare al Paese nella prospettiva delle riforme”.
Meglio tardi che mai. In questo quadro, quella fiscale “è una riforma fondamentale, perchè intorno al sistema fiscale ruota il rapporto fra l’economia, i cittadini e lo Stato”. Il ministro ha ragione. Il nostro sistema fiscale è stato introdotto all’inizio degli anni ’70 e mostra ormai molte distorsioni.
Di promesse sul fisco Berlusconi ne ha fatte molte. La prima la fece nel 1994 e non iniziò neppure a lavorarci. “Meno tasse per tutti” fu poi uno dei cardini del famoso “contratto con gli italiani” del 2001 e si può dire che fu una solenne presa in giro: il governo varò la legge delega che prevedeva le due aliquote e la famosa armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie, ma essa fu lasciata cadere dallo stesso governo, che si limitò a varare una mini riforma dell’Irpef, rimodulata su 4 aliquote, con un taglio di circa 6 miliardi di euro di gettito, pochi benefici per la stragrande maggioranza dei contribuenti, ai quali però furono regalati una raffica di aumenti per bolli e imposte minori. Il sospetto che siamo davanti all’ennesimo annuncio-spot in vista delle elezioni è forte.
Negli ultimi quindici anni, le pensioni hanno perso fino al 30% del loro valore, per l’aumento dei prezzi delle tariffe, per il meccanismo inadeguato di perequazione delle pensioni al costo della vita e per la mancata applicazione del collegamento delle pensioni alla crescita della ricchezza del Paese. Anche le retribuzioni dei lavoratori dipendenti hanno perso valore, fino a raggiungere i livelli più bassi tra quelli dell’Europa .
Le politiche adottate negli ultimi anni dai vari Governi – e le politiche contrattuali adottate dai Sindacati confederali legate alle vecchie regole – non sono riuscite a riequilibrare il valore di salari e pensioni e a diminuire l’incidenza della povertà. I pensionati e i lavoratori affrontano dunque l’attuale crisi da una posizione di svantaggio. La rivalutazione delle pensioni e l’aumento delle retribuzioni non sono però solo un atto di giustizia sociale, sono anche una scelta di politica economica indispensabile a far crescere i consumi e a rilanciare la ripresa e lo sviluppo del Paese.
Un modo sicuro e rapido per ottenere questo risultato è ridurre la pressione fiscale su pensioni e salari, come la Uil sollecita da tempo. La nostra proposta di ridurre le tasse sul lavoro dipendente e sulle pensioni è urgente, necessaria e non più rinviabile afferma il segretario Organizzativo della UIL Alvise Casciani. Bisogna aumentare il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni per sostenere la domanda interna e uscire in tempi piu’ veloci dalla crisi.