“Il mondo agricolo ha bisogno di trasparenza su tutta la filiera agroalimentare, dal produttore alla grande distribuzione. Temi sui quali come Coldiretti ci siamo sempre battuti per garantire una maggiore attenzione su problematiche, fianco a fianco con l’Osservatorio Agromafie, per assicurare un processo di legalità che coinvolge anche le forze dell’ordine e le istituzioni, impegnate alla lotta al caporalato”. Così il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri.
“Criminalizzare il mondo agricolo – prosegue Granieri – solo perché è l’anello più debole è una cosa indegna. Grazie al lavoro di ISMEA, sappiamo precisamente i costi di produzione nella nostra regione, ed è l’unico dato da cui si deve partire per ripristinare legalità e trasparenza. È insopportabile l’idea di sentirsi sotto accusa e poi fronteggiare un caporalato importato, che genera concorrenza sleale fondata solo sul prezzo più basso”.
Attenzione, dunque, a tutta la filiera agroalimentare. Una battaglia che passa dal contrasto al caporalato alla tutela degli agricoltori e dei prodotti Made in Italy.
“Occorre continuare a lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali – prosegue Granieri – con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi, che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali, da noi fortemente sostenuta”. Si assiste ad una sproporzioni dei costi necessari alla produzione di prodotti ,che spesso costringono gli agricoltori a lavorare in perdita anche a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime, e i costi finali che troviamo nella grande distribuzione.
Proprio Coldiretti, ha redatto un progetto per i diritti e il lavoro dei migranti con la Fondazione “Osservatorio Agromafie”, il cui comitato scientifico è presieduto da Gian Carlo Caselli, insieme a Coldiretti, rappresentata dal Presidente Ettore Prandini, e Anci. Una proposta volta a rafforzare il sistema esistente, utilizzando gli strumenti di Programmazione e definizione delle quote di ingresso per lavoro stagionale e contribuire ad una definizione puntuale del fabbisogno di lavoro stagionale. Tra le finalità c’è proprio quella di far emergere situazioni di marginalità, irregolarità e lavoro nero. E naturalmente promuovere interventi volti a contrastare la presenza del caporalato e a sostenere i lavoratori stagionali in varie sfere.
E proprio caporalato e lavoro nero, passando per l’usura alle infiltrazioni mafiose nella ristorazione fino al macrotema del mancata chiusura del ciclo dei rifiuti, sono fenomeni analizzati nell’ultimo rapporto presentato a Palazzo Rospigliosi da Coldiretti Lazio, realizzato dalla Fondazione Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, in collaborazione con la Regione Lazio e il Ministero della Transizione Ecologica. Un documento che analizza il fenomeno dell’illegalità e criminalità nelle filiere agroalimentari e nell’ambiente delle Province del Lazio.
Un focus importante è stato svolto appunto sul caporalato e sullo sfruttamento del lavoro con un’alta concentrazione di casi soprattutto nell’Agro pontino e romano. Gli occupati nel settore agricolo nel Lazio – si legge nel rapporto – annualmente registrati negli archivi dell’Inps ammontano nel 2019 (ultimo dato disponibile) a 45.236 unità, come rilevato dai dati elaborati dal Crea-Pb (Ministero delle Politiche Agricole). Il sistema occupazionale che ne deriva, mostra la prevalenza del lavoro svolto a tempo determinato su quello a tempo indeterminato, appannaggio, in maniera preponderante, delle maestranze di origine immigrata (Ue e non Ue), superando in questo caso, seppure leggermente, il 90% (24.086 unità) degli impiegati. La restante quota svolge attività a tempo indeterminato (1.262 unità sul totale complessivo di 25.348).
La distribuzione degli occupati a livello provinciale, a prescindere dalla nazionalità, vede 20.824 occupati (il 46% dei 45.236 occupati in Regione) nella Provincia di Latina, 11.627 (25,7%) nella Città metropolitana di Roma, 9.202 (20,3%) nella Provincia di Viterbo, 2.006 (4,4%) in quella di Frosinone e 1.577 (3,5%) a Rieti. Per quanto riguarda il genere, il 72,5% degli occupati sono uomini e il restante 27,5% donne. I lavoratori agricoli sul territorio laziale sono soprattutto romeni, marocchini e albanesi, ma è anche significativa, soprattutto in Provincia di Latina, la presenza di indiani (soprattutto quelli provenienti dal Punjab), nonché tunisini e bangladesi.