Anche quest’anno, come riporta Frontiera, il Vescovo Domenico non rinuncia alla benedizione pasquale dei lavoratori nelle fabbriche. Un gesto che insieme al rito porta nei luoghi di produzione piccoli, ma autentici, incontri pastorali, che invitano a leggere il contesto lavoro con lo sguardo della fede.
Nella mattinata del 28 febbraio sono state due le aziende incontrate da mons Pompili, affiancato dal responsabile diocesano per il lavoro, don Valerio Shango: la Emec e la Elexos. Quest’ultima, nata dalle ceneri dello stabilimento Schneider, che la multinazionale d’oltralpe ha delocalizzato nell’Europa dell’est, dopo la fase di rilancio sembra oggi in mezzo al guado, costretta ad affrontare aspettative deluse e promesse mancate.
Nonostante l’impegno di Regione Lazio e MiSE, ad esempio, ancora non arriva il contributo di Invitalia a sostegno delle aziende in crisi dei territori depressi. E anche la multinazionale francese, che aveva garantito buone commesse per uscire dalla vertenza, non ha tenuto troppo fede agli accordi. Difficoltà che hanno indotto il rappresentate della dirigenza, Carlo Alberto Pallotta, a declinare il discorso di accoglienza in forma preghiera, chiedendo alla Chiesa di Rieti di restare vicina e solidale con gli operai, determinati a metterci del loro, come nel passato.
Di segno opposto la situazione della Emec. L’azienda nata nel 1982 dall’idea di quattro amici è un caso singolare di delocalizzazione “virtuosa”, rovescio, dato che esporta i suoi prodotti in tutto il mondo. Produce strumenti e sistemi all’avanguardia per il trattamento delle acque e per il controllo e il dosaggio dei prodotti chimici: un settore per il quale Rieti vanta un vero e proprio distretto. Una storia di successo che mostra come si possano attraversare anche i decenni più difficili coniugando insieme investimenti, tecnologia e qualità del personale: ingredienti che miscelati bene portano alla luce la bellezza del lavoro.
A tutti don Domenico si è rivolto senza nascondere la durezza del momento. Citando la prigionia di san Paolo, il vescovo ha ricordato che l’essere prigionieri è per certi versi una condizione ineliminabile. Forse oggi i carcerieri prendono l’aspetto delle storture del mondo globalizzato e del quadro sociale, ma non per questo viene meno la responsabilità dei lavoratori e degli imprenditori. Occorre invece il contributo di tutti, perché quello del lavoro è un mondo complesso, che coinvolge non solo questi soggetti attivi, ma anche le istituzioni.
Un ragionamento che porta alla mente la vicenda di Gala Tech. Pochi giorni fa, è scattato il licenziamento collettivo per i 23 dipendenti reatini rimasti in servizio negli ultimi due anni alla ex Solsonica. Guardare alla loro storia dispone a una particolare amarezza perché vede coinvolto il presidente di Unindustria, una realtà che tra i suoi scopi ha quello di creare un ecosistema favorevole per le aziende e contribuire alla definizione di politiche industriali. Ma i tavoli di concertazione finiti in nulla e gli impegni presi e disattesi, sembrano far girare a vuoto i lavoratori, favorire lo scoramento e il senso di impotenza, disporre alla disoccupazione e alla povertà.
Una conclusione inaccettabile: «quando i lavoratori credono con fermezza ai processi di reindustrializzazione – ha detto il vescovo – è necessario che anche gli imprenditori facciano con coraggio la loro parte».
La strenua resistenza della Elexos e la storia di successo della Emec dimostrano che agendo con intelligenza e coesione i risultati sono possibili. Al «terremoto del lavoro», si risponde come a quello che ha buttato giù le case di Accumoli e Amatrice: stringendo i rapporti, consolidando la comunità. Da parte sua, la Chiesa locale rimane attenta e aperta ad accompagnare il territorio, sostenendo i lavoratori e intervenendo in tutti i modi possibili. L’obiettivo è quello di “aprire processi” che impegnino tutti e rimettere il lavoro al centro delle preoccupazioni quotidiane, senza dimenticare l’ineliminabile dimensione sociale della evangelizzazione.