È vero negli ultimi anni le richieste dei sopralluoghi tecnici al fine del risarcimento del danno da fauna selvatica sono in netta diminuzione ma il paradosso è dietro l’angolo perché al diminuire dei danni ci si aspettava un diminuire delle popolazione di cinghiali e corvidi, e invece no!!!!
Proprio la proliferazione dei suidi e dei corvidi e la mancanza di uno schema di piano per la programmazione degli interventi di controllo numerico delle specie, è effetto ed al contempo causa dell’abbandono delle aree agricole e montane da parte delle popolazioni che oltre alla «sofferenza» dovuta alla recente crisi economica, subiscono gravi perdite della produzione che minano la già precaria economia degli agricoltori e delle loro famiglie.
Quindi oggi ci troviamo che nel territorio montano della nostra Provincia non vengono eseguite coltivazioni di pregio molto dispendiose e redditizie quali lenticchia, farro, segale, orzo ecc., che poi verrebbero distrutte dai branchi di suini e corvidi. L’approccio a questo problema faunistico legato alla proliferazione degli stessi, è condizionato pesantemente da una burocrazia caotica e disordinata e dalla sottovalutazione della dimensione sociale di questi fenomeni, e non può essere assolutamente valutato come una faccenda che riguarda solo i singoli agricoltori o allevatori, di fatto lasciati soli a fronteggiare un fenomeno e che in alcune zone della Provincia, ha assunto dimensioni preoccupanti.
A differenza di quanto si sia erroneamente ritenuto fino ad oggi, l’ordinaria attività venatoria, così come viene organizzata e gestita, rappresenta una forma di parziale controllo delle specie di cui sopra. Tutti i metodi di contenimento e prevenzione dei danni sono stati fino ad oggi disattesi e hanno provocato un’inutile sperpero di economia (anche pubblica) oltre alla perdita di tempo prezioso degli agricoltori.
Quindi in funzione dei piani di gestione delle specie, da oggi in poi ci faremo promotori, verso gli enti deputati, di una giusta attività venatoria di controllo che avvenga sempre con la supervisione degli organi di polizia e di vigilanza competenti e pianificata con gli enti scientifici nazionali, quali l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), i cui pareri non assumono carattere vincolante.