L’impatto è impressionate. Appena si apre il sipario ci si ritrova in una scena dell’Empio Punito che sembra esplosa, come “una pietra scagliata su uno specchio”, riferisce con originalità il regista Scarton.
Si accede cosi ad un subconscio che tradisce un mondo logico ed armonico per entrare in un’atmosfera fatta di sensazioni, instabilità, di personaggi continuamente in bilico tra l’empirico e la realtà, alternati in maniera sublime con momenti comici e drammatici, il tutto mentre su scaglie che rappresentano un percorso pieno di incertezze, e pannelli mobili che creano un meraviglioso gioco di luci ed ombre, gli attori, con leggerezza e maestria, corrono e percorrono arie, duetti e recitativi senza tempo, donando la strana percezione di aver perso l’epoca in cui quest’opera viene svolta.
Questo è ciò al quale ha assistito il pubblico la sera del 6 ottobre 2019 al teatro Flavio Vespasiano di Rieti, gustandosi un’opera antica dal sapore moderno, accompagnata da strumenti d’epoca in un teatro stracolmo di persone, tra cui, tantissimi giovani.
L’Empio Punito, dramma musicale in tre atti di Alessandro Melani, su libretto del poeta Giovanni Filippo Apolloni e Filippo Acciaiuoli, fu commissionata da Marie Mancini per il Carnevale del 1669. E’ una rarissima opera del periodo barocco che ha trovato luce 350 anni fa presso Palazzo Colonna.
Il personaggio principale è Acrimante, interpretato in maniera eccelsa dal baritono Mauro Borgioni, dizione perfetta, timbro caldo e morbido e un’espressione sempre appropriata degli affetti (personaggio che negli anni successivamente diventerà il famosissimo Don Giovanni), innamorato di Ipomene che cerca senza ritegno, di conquistarla, aiutato dal fedele servitore Bibi, che a sua volta si invaghisce di Delfa, serva di Ipomene. Tutta la vicenda è un intreccio di conquiste e rifiuti, di malintesi ed immoralità, di amori e tradimenti, fino ad arrivare ad un finale reso sublime dalla scenografia che, con effetti di sovrapposizione ed accostamenti di pannelli mobili, insieme ad effetti curatissimi di luce, hanno creato la sagoma di un uomo, che rappresenta Tidemo, viene invitata a cena trascinando Acrimante all’inferno. Un lieto fine per Bibi che abbraccia Delfa e Atamira, (interpretata in maniera delicatissima e perfetta dal soprano Sabrina Cortese) che sposerà Atrace.
Una sinfonia di introduzione in fa maggiore apre il sipario e, con un adagio scorrevole, presenta la prima scena che si svolge in serenità in una spiaggia dove un terzetto inizia ad intonare le prime note.
L’opera del 1600 è caratterizzata da un fluire di recitativi ed arie, e l’opera di Melani, ha proprio queste caratteristiche infatti, le arie sono quasi tutte per voce e basso continuo, proprio come di prassi anche se, anche se troviamo alcune arie, come ad esempio “l’aria delle catene”, la voce sostenuta dagli archi in un incantevole armonia di suoni.
Tutte le arie sono espressive, sentite e cantate e delle volte alterna a passi di danza, anch’essi tipici dell’epoca, magistralmente curati da Alessandro Quarta che ha diretto in maniera emozionante l’Ensemble Barocco del Reate Festival, dove giovani musicisti hanno saputo dare la giusta espressività all’opera, creando cosi una sinergia tra musica e scena creando anche un piacevolissimo e precisissimo pizzicato che ha sorpreso il pubblico presente in sala.
E’ stata poi, sapientemente e volutamente e abbassata di un ottava, la voce del protagonista che, nell’opera originale era di un castrato, sostituito da un baritono per permettere di esprime al meglio l’idea del regista che voleva virilità e fermezza nel personaggio, un ulteriore novità e modernità che ha coinvolto e catturato moltissimi giovani.
Inoltre, un divertente scambio di parti tra i personaggi è stato alternato per tutta l’opera, come ad esempio il contralto interpretato da un personaggio maschile, anch’esso volutamente ripreso dalla tradizione antica operistica che ha dato quella comicità e leggerezza in tutti gli atti.
Pressoché sconosciuta quest’opera è stata fortemente sentita soprattutto dal tutto il pubblico giovane che, grazie alla regia e l’ambientazione moderna, è riuscita a coinvolgere tutti in un opera rarissima grazie alla dinamicità e spettacolarità degli effetti di luce che, oggi come ieri sono riusciti a catturare con curiosità e sorpresa la città di Rieti.
Una scelta ardita, ma squisitamente riuscita anche quest’anno per tutta l’organizzazione del Reate Festival per il primo appuntamento.
Sonia De Santis