I lavoratori della INALCA continuano ad essere costretti a sobbarcarsi il prezzo della crisi, infatti è di oggi la firma di un periodo di cassa integrazione per 13 settimane, a partire dal 1 gennaio 2011, dovuto alla mancanza di commesse.
Sono anni che la fabbrica di Rieti vive una situazione a rischio, e nel corso degli anni sono andati persi centinaia di posti di lavoro, e mentre con caparbietà la carne in scatola "montana" continua ad essere prodotta e venduta, come se nulla fosse cambiato dal dopoguerra ad oggi, appare sempre più evidente che senza un approccio organico alla questione agro alimentare, di cui la Inalca è un pezzo importante, non si va da nessuna parte.
Non sappiamo se, ad esempio Confindustria, di cui l’inalca è associata si ponga la domanda, se le istituzioni, le forze sociali, le forze politiche del territorio, i deputati ed i senatori che qui sono stati eletti e mandati al parlamento si pongono la domanda, certo è che l’avvio un processo di sistema che metta insieme tutte le forze vive della società, che riassegni al territorio e alle sue istituzioni un ruolo di pivot nei processi economici e sociali è LA CONDIZIONE ESSENZIALE per il rilancio del settore agroalimentare reatino.
Ad esempio dove è finito il progetto che pure poco tempo fa sembrava essere la contropartita alla ristrutturazione Inalca, cioè la costituzione di un polo di eccellenza per la produzione e commercializzazione delle carni?
– Se qui a Rieti c’è uno stabilimento di proprietà di una grande multinazionale, oltre che fabbricare scatolette di carne, può svolgere anche qualche altro ruolo ed entrare in sinergia con altri soggetti concorrendo ad un nuovo progetto di sviluppo?
– Che ruolo può svolgere il mattatoio comunale di Rieti?
– Quegli imprenditori che pure vantano successo nella produzione e commercializzazione di marchi DOP nella filiera delle carni possono o no entrare in un sistema di sinergia tra forze produttive?
– E ancora, la problematica dell’impatto ambientale del proliferare delle popolazioni di cinghiali, che per alcune zone sta addirittura diventando un flagello, può entrare a far parte di un processo controllato di filiera della trasformazione delle carni, magari da affiancare agli altri marchi Dop a cominciare ad esempio da quello di Amatrice?
– E più in generale la tematica della sicurezza alimentare, dello sviluppo delle filiere controllate, dello sviluppo delle eccellenze agroalimentari sono o no temi che chiedono iniziative alla forze politiche e sociali?
O dobbiamo continuare a firmare accordi per ammortizzare gli effetti della “crisi”.
Ai lavoratori dipendenti della agroindustria e non solo, la collettività ha chiesto molto, quel molto è già diventato troppo, c’è qualcuno che vuole iniziare a cambiare? Si faccia avanti la Cgil è già in prima linea.