L’unico punto che unisce le diverse fazioni all’interno del Pd è la paura delle elezioni anticipate. Per il resto, il disordine regna sovrano. Come dimostra la velenosa intervista di D’Alema a La Repubblica in cui prende, tanto per cambiare, le distanze dalla "lettera agli italiani" di Veltroni ("…ha avuto come unico effetto di dare una mano a Berlusconi…"), e rilancia l’assoluta necessità di cambiare l’attuale legge elettorale, perché questo sistema secondo lui farebbe comodo solo al Premier.
Ma quando entra nel merito di quale modello adottare, scava un fossato anche fra sé e Bersani: il presidente del Copasir è infatti convinto che quello migliore sia il sistema tedesco proporzionale con sbarramento, mentre boccia con decisione il ritorno ai collegi uninominali, e non a torto, perché ai tempi del "Mattarellum" in Parlamento c’erano ben 14 partiti. In effetti, l’idea di tornare a una legge per cui Prodi nel ’96 vinse le elezioni prendendo più di un milione di voti in meno di Berlusconi ha in sé qualcosa di profondamente antidemocratico, ed è dettata solo dalla disperazione di chi sta tentando tutte le strade per abbattere il Cavaliere.
La prospettiva di andare al voto col Porcellum, dunque, terrorizza tutte le anime del Pd, tanto che Bersani, dopo il lunghissimo silenzio d’agosto, ora ripete ogni giorno che se la maggioranza non regge, ci vuole un governo di transizione per fare una nuova legge elettorale che tiri dentro tutti coloro che, da Fini a Vendola, vogliono liberarsi di Berlusconi. Omettendo, naturalmente, di specificare su quale legge questa eventuale coalizione potrebbe trovare un punto d’accordo, visto che ognuno dei possibili contraenti la pensa in modo diverso, e che all’interno dello stesso Pd ci sono posizioni distanti, a partire da quella di Veltroni che rilancia la "vocazione maggioritaria" ed è assolutamente contrario alle sante alleanze contro il Premier eletto dagli Italiani.
Per questo si è beccato la reprimenda di Rosi Bindi ("Non può candidarsi alle primarie, sulla sua linea abbiamo perso di un colpo governo, alleanze e elezioni"), la quale a sua volta è finita nel mirino di altri ex Popolari come Fioroni che l’hanno accusata di voler tornare "alla vecchia logica della sinistra alleata col centro" e di mandare dunque in soffitta "l’amalgama" del Pd. In questo caos, intanto, Franceschini ha rotto con Veltroni e si è schierato con Bersani, ribaltando così l’impostazione dell’ultimo congresso, tanto che ormai solo i veltroniani restano schierati a favore delle primarie in tutta Italia per decidere i candidati alle prossime elezioni, nel tentativo di togliere il pallino al segretario.
Ma la babele non finisce qui, perché Bersani ha pensato bene di fare un salto indietro di quindici anni e di riproporre un "nuovo Ulivo" che diventi perno di un’alleanza più larga per tentare la scalata al governo. Riproponendo in versione nominalmente aggiornata lo schema Prodi-Bertinotti (che resse solo due anni, dal ’96 al ’98, e riconsegnò subito il Paese alle vecchie pratiche trasformistiche) coniando la curiosa teoria dei "due cerchi". Peccato che uno degli invitati ad accomodarsi nel primo cerchio, cioè Di Pietro, abbia già messo paletti precisi all’alleanza per le prossime elezioni: con la sinistra sì, ma mai con Casini e Fini ("che c’azzeccano?"). Insomma, Bersani appare per quello che è: l’ennesimo re Travicello dell’eterna transizione del postcomunismo italiano che non riesce a trovare un vero leader da contrapporre a Berlusconi perché perpetua e ricicla da vent’anni la stessa nomenklatura della Prima Repubblica. Per questo il Pd ha una paura matta delle elezioni, e continua a spostare la partita sul tavolo del gioco truccato.
In tutto questo marasma “democratico” Rieti non fa eccezione, l’ala degli ex popolari si trova in difficoltà e le loro idee sono continuamente prevaricate dagli ex DS e poco conta che il provvisorio segretario provinciale sia un ex popolare, non appena il gioco si farà duro, e si arriverà ad un congresso, gli ex DS faranno del tutto per mettere alla guida del partito uno dei loro.
Infine vorrei ricordare all’amico avversario Vincenzo Lodovisi, il quale, dopo la mancanza del numero legale, nella seduta del Consiglio Provinciale, chiede un atteggiamento più responsabile da parte del Pdl, che appaiono poco credibili le sue affermazioni, in quanto, da sempre il PD al Comune Capoluogo specula sul numero legale ed è impossibile che il segretario provinciale, non lo sappia, e allora, appare plausibile pensare che le affermazioni contro il Pdl avessero anche un altro obiettivo, e cioè quello di contrastare l’egemonia dell’area ex DS a Rieti.