LUCIANO BLASCO DI LEGAMBIENTE BASSA SABINA REPLICA AI SINDACALISTI CISL

Legambiente

Ho letto con rammarico il comunicato stampa diffuso il giorno 16 giugno da due autorevoli esponenti della CISL di Rieti e non riesco a capirne le finalità. La parte introduttiva, relativamente alla situazione in cui versa la provincia di Rieti, ormai da decenni, sia sotto il profilo occupazionale sia del mancato sviluppo in tutti i settori economici, è assolutamente condivisibile ma nel seguito delle dichiarazioni tutto si fa confuso e apparentemente illogico.

L’unica argomentazione che si percepisce è la difesa ad oltranza del progetto che vuole far nascere il cosiddetto polo della logistica di Passo Corese nel comune di Fara Sabina. Se questo è assolutamente legittimo non lo è altrettanto proporre letture infamanti di chi a questo progetto si oppone. Viviamo un momento veramente difficile e triste della società italiana se una parte del sindacato impugna le armi della calunnia per tacitare il dissenso ad un progetto  che in verità è alquanto labile sia sul piano delle scelte progettuali sia sul piano delle scelte industriali.

Innanzitutto voglio stigmatizzare la prima grave mistificazione leggibile nel documento dei due esponenti sindacali. Chi vuole il progetto è un forte ‘cartello’ che vede schierati : i partiti politici locali e regionali, un Ente di sviluppo industriale di diritto pubblico ma che agisce con disinvolte procedure privatistiche; le principali e più rappresentative confederazioni sindacali; le aziende edili e quelle di movimento terra; la Confindustria, le istituzioni: comunali, provinciali, regionali…  ad esse si contrappongono singoli cittadini ed un buon numero di associazioni locali, ambientaliste, culturali, d’impegno sociale. E’ ridicolmente paradossale dichiarare che gli oppositori al progetto costituiscono una oscura lobby? Non riusciamo ad immaginarne il motivo se non a voler pensar male.

 Sebbene il ristretto spazio di un comunicato stampa non riesca a fornire, con la dovuta profondità, le motivazioni degli esponenti sindacali  che li spingano ad aderire supinamente ad un progetto industriale, avrei gradito sapere, per esempio, se i posti di lavoro promessi,( poiché di promesse si tratta  in quanto non c’è o per lo meno non mi risulta esserci uno studio approfondito, allegato al progetto, sulle previsioni in merito all’occupazione)  siano stati individuati nei termini temporali (a tempo determinato, indeterminato etc…) e professionali.

Si parla genericamente di 2000 posti di lavoro, ma la bontà del lavoro e dello sviluppo sociale si misura, oggi e non agli albori dell’era industriale, sulla qualità del lavoro. Ma di questo non si fa accenno.

Mi sembra che la convinta citazione sulle necessità demografiche scambi la causa per l’effetto lasciando trapelare criteri di analisi del sociale antecedenti le rivoluzioni industriali . Oggi la forza dei lavoratori non è nelle braccia del ‘proletariato’ che ha nella prole la propria ‘virtù egemonica’e la progressione demografica non si determina perché si dà origine ad un progetto industriale. Oggi il lavoro dovrebbe caratterizzarsi per i profili di formazione e di  saperi che i lavoratori mettono in campo per rispondere alle esigenze del mondo produttivo che non necessariamente, oggi più che mai, si può identificare unicamente nell’industria, ed ancor peggio nella logistica che vede numerosi impianti chiudere in aree ben più vocate di Passo Corese.

La progressione demografica è il risultato , in verità assai complesso, di una serie di fattori che potremmo, in estrema sintesi, identificare nella visione rassicurante e costruttiva di un’idea di futuro nei termini di moderna ed efficace democrazia economica e sociale, di accesso alla cultura ed alla formazione, di qualità dei servizi ed non ultimi della qualità dei rapporti umani e  delle interrelazioni tra l’uomo e l’ambiente che ci dà la vita. Salvo se non vogliamo parlare di ‘incentivazione demografica’ come fece in ambiti autarchici e dispotici il fascismo magari, mutate le situazioni, stabilendo un premio per chi affiderà ai propri figli il nome di Silvio coniugato anche al femminile, se necessario.

Dovrebbe essere compito anche del sindacato, oltre che del mondo imprenditoriale e delle amministrazioni pubbliche individuare le peculiarità di un territorio ed ipotizzare percorsi di sviluppo. Questo è ciò che tentano di fare le associazioni che si oppongono al progetto ASI.   Ed allora perché tanto livore in risposta ad una appello accorato del ‘famigerato’ Sandro Mancini coordinatore di Legambiente Bassa Sabina? Ho idea che ci sia un grave difetto di elaborazione e di analisi da parte un po’ di tutti i componenti di questo ‘cartello’ favorevole al polo della logistica. In verità io non mi auguro questa deficienza progettuale ed analitica perché vorrebbe dire che oltre allo scempio ambientale ci troveremmo di fronte ad una nuova cattedrale nel deserto. Ma quando non si hanno  efficaci argomenti si scivola facilmente nella calunnia.

Gli esponenti CISL accennano alla passata esperienza industriale reatina (anni 30 e 50) con una sorta di inspiegabile nostalgia. Certo che si sa ‘far di conto’ e si osservano e si analizzano i profili occupazionali  in termini esclusivamente numerici, possiamo rimpiangere i numeri del passato, se si badasse, ed è strano che un sindacalista non lo faccia, alla qualità dei lavoro , alle politiche padronali di quei periodi, ai contesti politico-sociali; ai generosi interventi della Cassa per il mezzogiorno, alla caducità di tutto questo ed al mancato sviluppo che oggi constatiamo e che è figlio di quegli interventi; diviene ancora più incomprensibile questa citazione nostalgica.

Ma ognuno volge lo sguardo dove ritiene opportuno, io desidererei guardare al futuro e per questo che aderisco alle idee di dare forza e contenuti ai progetti che guardano alle risorse disponibili già oggi sul territorio sabino. Tali progetti  richiedono maggiori e più moderni approcci di analisi economica e sociale ed un infinitamente più basso ricorso alle risorse economiche pubbliche e private, con una legittima e fondata ipotesi di sviluppo basato sul lavoro, le capacità professionali e l’intelligenza di quei giovani e meno giovani abitanti della Sabina che hanno, da anni, intrapreso percorsi culturali
e formativi grazie alla lungimiranza dei loro padri, contadini ed operai che hanno creduto nel riscatto dal passato della propria, amata terra.