Per chi non lo sapesse, Stefano Spizzichini proviene da una famiglia di basket. Suo papà Marco, nato nel 1956, 205 cm, ha giocato in serie A anche ne Il Messaggero Roma, a Firenze, Todi e Perugia, la mamma Manuela, 175 cm, ha giocato in serie B. In famiglia in tutto sono 8, oltre a Stefano, infatti, ci sono tre fratelli cestisti: Simone, Bruno e Gabriele e due sorelle, Maria Letizia cestista ed Eleonora giovanissima pallavolista. Il più vecchio dei fratelli ha 30 anni, la più giovane 15.
Ciao Stefano, come è venire da una famiglia così numerosa?
E’ molto bello. Siamo molto uniti e siamo felici quando possiamo stare insieme.
Sei cresciuto a pane e basket?
Non è stata una scelta imposta. Prima di avvicinarmi al basket ho praticato nuoto per sette anni. Anche i miei fratelli più grandi hanno cominciato con un altro sport, il calcio. Poi, come inevitabile, è esploso l’amore per la palla a spicchi.
Giocate tutti in maniera professionistica?
Mio fratello Gabriele, play di 192 cm, ha giocato quest’anno in Gold a Barcellona, i miei fratelli più grandi invece hanno scelto di studiare e di praticare basket secondariamente. Hanno giocato molti anni insieme, in squadra si completano, il più grande ha il mio stesso ruolo, il più giovane è il Benedusi della situazione, difende duro, ci mette tanto cuore. Il maggiore, tra l’altro è stato un giocatore della Luiss con coach Nunzi. Ho giocato con mio fratello Bruno a Riano, scontrandomi anche con Contigliano quando avevo 17 anni. Con il piccolo ho giocato insieme nelle giovanili. Il basket è la nostra vita. Fa parte del nostro DNA, di quello della nostra famiglia.
Veniamo al presente. Martedì avete disputato una amichevole a porte chiuse contro Siena, la finalista del girone A. Come è andata?
L’amichevole con Siena è stata impegnativa, era quello che cercavamo e che Luciano voleva affinché mantenessimo alto il livello di agonismo, per non spezzare il ritmo dei play off. Siena è una squadra molto fisica e ci siamo allenati intensamente, ruotando tutti, provando schemi e cose nuove.
Ora è cominciata la settimana tipo. Sei già proiettato verso gara uno?
No, preferisco considerare giorno per giorno, altrimenti ci si carica d’ansia e non si combina più nulla. Meglio concentrarsi sulla seduta giornaliera.
Sei ansioso?
Emotivo si, ansioso no, se non nel senso di essere su di giri per una tensione che nasce dal desiderio di essere in campo e di giocare. Questo è il momento più divertente ed è quello che conta ed io non vedo l’ora di giocare.
Che aspettative hai per la serie delle finali?
Penso che sarà un battaglia, come tutti play off, e arrivati a questo punto vincerà chi avrà i nervi più saldi. Giocando ogni due giorni, conterà molto anche la tenuta fisica e noi che siamo una squadra lunga potremmo essere avvantaggiati. Chi esce dalla nostra panchina, inoltre, ha grande esperienza e dovremo far valere in campo la nostra maturità. Eurobasket è diventata, durante la stagione, una società via via più ambiziosa, si è visto dagli innesti che ha fatto, e sta costruendo un bel movimento di interesse intorno a sé. Avremo senz’altro bisogno dei nostri tifosi anche a Roma.
A proposito di tifosi, durante la stagione è nato un simpatico #aiutaspizzico lanciato dal giornalista Manuel Scappa e supportato dai tifosi per incitarti a schiacciare. Considerando il tuo fisico esplosivo, i tifosi vorrebbero vederti esprimere sempre tutta la tua potenza.
E’ stata una iniziativa simpatica. E’ la prima volta che mi capita di avere un rapporto così scherzoso con i tifosi. Siamo amici, con molti di loro. Forse, però, non sono un atleta come loro credono. Se riuscissi sempre a fare quello che chiedono forse non starei in serie B. Faccio quello che posso ed a volte mi riescono cose belle. L’impegno, di certo, non manca mai.
Qual è stato fin qui il momento migliore e quale il peggiore del campionato?
Per me in generale non è facile giocare in questa categoria, sono troppo grosso e poco tutelato, però i compagni sono stati sempre disponibili a darmi una mano e l’allenatore è riuscito sempre a tenerci uniti, stando a nostra disposizione, capendo le nostre esigenze. Nel campionato ognuno di noi ha avuto alti e bassi ed abbiamo saputo soffrire insieme, trovando nei compagni sempre validi aiuti, abbiamo capito quando uno aveva bisogno di una determinata cosa, col tempo abbiamo costruito un grande gruppo. Saper soffrire insieme, unisce e porta alla vittoria. Il momento più bello è stato stare in campo nel quarto quarto di gara quattro contro Montegranaro, non volevamo far segnare gli avversari ed ogni azione c’era qualcuno di noi davanti alla palla, anche se in maniera disordinata, è stato veramente bello, ero in campo con i brividi, come poche volte mi è capitato.
Vogliamo parlare del rientro da Montegranaro, quando i tifosi aspettandovi vi hanno festeggiato a mezzanotte?
È stata una cosa che ha fatto un piacere enorme a tutti noi. C’erano gli Old, gli Amici per la Sebastiani, ma c’erano anche mamme con bambini piccoli ad aspettarci. E’ stato incredibile. Siamo stati contenti di aver regalato questa gioia a loro e loro ne hanno regalate due grandissime a noi: aiutandoci a vincere a Montegranaro dove ci hanno seguito in tanti e festeggiandoci a Rieti.
Facciamo un invito al pubblico reatino?
Spero che in finale ci sia il pienone. Più siamo e meglio è. Sia a Rieti che nelle trasferte romane. Si è capito che la nostra squadra ha la caratteristica dell’emotività e con l’aiuto del pubblico questa emozionalità può essere canalizzata e diventare trascinante. Devo fare i complimenti ai nostri tifosi, quelli che ci hanno accompagnato tutta la stagione, praticando un tifo corretto, pulito, sempre a spronarci a fare bene anche quando magari non andava benissimo e a darci l’energia che ci serviva. A chi si sta avvicinando solo ora, ripeto quello che hanno detto anche i miei compagni: è una grande occasione per noi giocatori, per i tifosi e per tutta la città, è il momento in cui conta davvero e se saremo tutti uniti, giocatori, staff, tifosi, come è stato finora, porteremo a casa la vittoria e andremo a giocarci la Serie A a Forlì.
Chiara Sansoni