Un’antichissima tradizione vuole che il capoluogo sabino sia il vero “Umbilicus Italiae”: ne parlavano già i classici latini, Marco Terenzio Varrone, Virgilio e Plinio, e le prime misurazioni, tuttora impossibili secondo l’Istituto geografico militare, risalgono addirittura al medioevo. Si calcolò che Rieti era a 52 miglia dall’Adriatico ed altrettante dal Tirreno e a 310 sia da Augusta Praetoria (Aosta) che da Capo dell’Armi (Calabria). Più tardi l’ombelico d’Italia venne collocato proprio nel cuore della cittadina laziale, a Piazza San Rufo, dove tuttora si trova. Fino al 1800 la misurazione era scolpita su una colonnetta di granito poi il brigadiere pontificio Giuseppe Capelletti la fece rimuovere sostituendola con una pietra con la scritta “Medium Totius Italiae” che rimase lì, a piazza San Rufo, fino al 1950 quando fu sostituita da una lapide in marmo con la dicitura “Centro d’Italia” in venti lingue.
Roberto Lorenzetti, storico reatino e attuale direttore dell’ Archivio di Stato di Rieti: “I classici latini individuavano Rieti come Umbilicus Italiae, cosa ben più importante della fredda misurazione geometrica narnese. Il problema è che Rieti non è riuscita a valorizzare tale dato storico (e non geografico) se non con un impresentabile manufatto edilizio”.
Fonte ANSA.