L’isola di Issa e l’antico Lago Velino

Foto: Christian Mauri

Dionigi di Alicarnasso (“Le antichità romane”, I, 14) riporta in territorio reatino un’isola di nome Issa, a ridosso della Via Curia e circondata dalle acque dell’antico Lago Velino. La Via Curia anticamente collegava le città di Rieti e Terni e deriva il nome dal console romano Manlio Curio Dentato che, dopo aver assoggettato la città di Rieti nel 290 a.C., portò a termine il prosciugamento del Lago Velino attraverso lo scavo di un emissario, noto come Cava Curiana. Sappiamo che questo canale consentiva alle acque del Velino di precipitare nel Nera, dando origine alle Cascate delle Marmore. La bonifica del Lacus Velinus permetteva di ricavare terreni fertili nel territorio reatino, a fini agricoli.

L’isola di Issa era abitata dall’antico popolo degli Aborigeni, in un periodo assimilabile oggi all’età del Bronzo finale. Dionigi riferisce inoltre che l’isola di Issa era “priva di difese artificiali, si dice anzi che i suoi abitanti utilizzassero in luogo di mura le acque melmose della palude”. Oggi lungo la via Ternana, a metà strada tra Rieti e Terni e presso il Lago di Ripa Sottile, si trova Montisola, frequentata da un abitato fin da epoca protostorica. Il colle di Montisola è posizionato a 434 metri s.l.m., una quota maggiore rispetto al livello dell’antico Lago Velino, da cui emergeva come un’isola. L’analisi archeologica e topografica ha permesso oggi di riconoscere l’isola di Issa riportata da Dionigi nell’odierna Montisola. Il villaggio lacustre occupava i declivi a nord-est del colle di Montisola, a ridosso dell’odierno fiume Velino, e più precisamente nelle località Valle S. Antonio e Lama dei Santi, dove vennero rinvenuti i reperti. I materiali, pubblicati dal Carancini nel 1990, hanno permesso una datazione dal Bronzo antico fino all’età del Ferro, a testimonianza di una lunga occupazione dell’isola in epoca protostorica. Interessante notare infine come il termine Issa in greco arcaico voglia dire proprio “isola”, per cui è stato supposto che si tratti di un toponimo introdotto verosimilmente dai Pelasgi nel territorio reatino durante l’età del Bronzo finale.

Tratto dal volume di Christian Mauri “La Sabina prima dei Sabini: gli Aborigeni e l’età del Bronzo. I santuari romani in opera poligonale”, Aracne editrice, Roma 2018.