(Fonte: La Repubblica Roma. Articolo di Marco Carta) È stato fermato all’ingresso del carcere e poi perquisito: «Oggi non può entrare. Deve andare in direzione». Padre Lucio Boldrin, cappellano dal 2019 al carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, è finito sotto indagine per favoreggiamento. L’accusa è quella di aver permesso ad alcuni detenuti di comunicare con l’esterno, anche se non potevano. Il nucleo investigativo della polizia penitenziaria, coordinata dai pm Stefano Pizza e Antonio Verdi, contesta al religioso di aver favorito nei contatti con l’esterno detenuti in attesa di giudizio con uno stratagemma: Padre Lucio stampava i messaggi sms e WhatsApp ricevuti dai familiari e li consegnava ai detenuti.
Gli investigatori ieri mattina hanno perquisito la sua abitazione, gli spazi comuni del carcere e la casa del cappellano, sequestrandogli il pc, diversi telefoni e una serie di documenti, che ora saranno analizzati alla ricerca di dettagli utili. Non è stata trovata droga. Al parroco da ieri è stato vietato l’ingresso in carcere.
Lo scorso 26 dicembre, nel giorno di Santo Stefano, Padre Lucio Boldrin era stato uno dei quattro sacerdoti del penitenziario che aveva accolto Papa Francesco che proprio nel carcere di Rebibbia aveva aperto una delle Porte Sante del Giubileo. «È un giorno memorabile – aveva detto Boldrin – ma il Giubileo non deve durare un giorno. Desideriamo che diventi occasione di cambiamento per i detenuti e per l’intera società, perché il carcere non sia più considerato uno scarto ma un luogo di riscatto. E perché si arrivi a un cambio di mentalità che deve riguardare tutti: l’uomo non è il suo errore. Se per tanta gente i detenuti sono gli ultimi, nel cuore di Dio sono i primi».
Nato 65 anni fa, Padre Lucio Boldrin, religioso della congregazione dei padri Stimmatini, è considerato il classico prete degli ultimi. Nel 2019 aveva lasciato la vita di parrocchia per affrontare l’esperienza da cappellano in carcere diventando in breve tempo un punto di riferimento per i detenuti, che con lui si confidavano, ma anche per i parenti, che lo seguivano sui social, dove ogni giorno condivideva pensieri e opinioni sulla vita dietro le sbarre. L’ultimo messaggio risale a mercoledì sera: «Un’altra giornata in carcere dove non si incontra il reato ma l’uomo con le sue debolezze, peccati, speranze e delusioni». Dopo questo post sulla sua pagina Facebook è calato il silenzio. (Fonte: La Repubblica Roma. Articolo di Marco Carta)